Parte Prima - Il manoscritto inedito B/473 - Decriptazione/Traduzione

Qui di seguito riportiamo la stessa versione integrale decriptata e resa leggibile. Abbiamo scelto l’opzione della trascrizione delle note, a margine del testo in originale sulla facciata retrostante (o in calce alla pagina) perché pensiamo che sia quella che permette di comprendere meglio il testo e le note. Grandissime ma non poche insormontabili, sono state le difficoltà di fronte alle quali ci siamo trovati nell’accingerci a dare una forma leggibile e comprensibile al «manoscritto».
Le difficoltà maggiori le abbiamo trovate nella comprensione della grafia minutissima e delle abbreviazioni e caratteri, specie di preparazioni e gruppi di sillabe con doppie. Ma crediamo di essere riusciti a renderlo comprensibile.

 

DISSERTAZIONE D'UN SEPOLCRO
CON URNA DI RAME E
PREGEVOLI VASI DI CRETA

Nel 1754, ripigliatosi lo scavo nella campagna presso (al) luogo  detto “alli chingari” dove ritrovansi innumerevoli «sepolc(h)ri», più o meno nobili (questo luogo nei primi tempi della repubblica di Capua, dovette essere fuori la città, ma avanzandosi il numero e la dovizia dei cittadini, dilatandosi il circuito della città (COME NOI ABBIAMO DIMOSTRATO NEL NOSTRO “MACERATA” Le origini-il-sito-il nome), questo sepolcreto (quindi NECROPOLI!) restò dentro l’ampliata città5 e l’iscrizioni d’antichissimo carattere, che osservasi in certi vasi, come appresso dirò, denotano appartenere li sepolc(h)ri nei primi tempi della fondazione di Capua). In uno de detti sepolc(h)ri di piperno di figura (forma!) quadrata si ritrovò un’urna di BRONZO6 con dentro ossa e ceneri ed una medaglia scolorata (?), sopra la bocca dell’urna si vedevano le vestigia di un fine panno che calava nel giro e pancia dell’urna  e sopra quel pomo vi era il  «covertolo» anche di rame, sopra del quale nel mezzo vi era situato un «gallo» di bronzo (?).
Vi ci si ritrovò  una «patera»7  pregevole con varie figure ed iscrizioni, ed un altro «URICAO (urceo) nobile per la materia ed il lavoro (come or ora dirò), non facendo menzione d’altri vasi di minor stima che vi erano tra i quali anche una lucerna stimo degno di riflettersi che che li sepolcri che ivi scoprironsi di “piperno” altri sono quadri 4) ed in essi vi si trovano ceneri di ossa per lo più in urna di rame e vi si ritrovano vasi in maggior numero e più nobili altri grandi sepolcri sono bislunghi  e vi si ritrovano meno vasi e di poco «preggio». A l’osservazione di questo tumulo di qualche riflessione al gallo situato sopra l’urna di bronzo; alla figura ed iscrizioni della patera; ed al lavoro e materia del……, come altresì alla differenza delli sepolcri con….., e senza, ed al tempo dei detti sepolcri.
La dett’urna era di bronzo, quale appunto Virgilio la descrive: «ENEIDE 1-6 !Ossaque lecta (?)……….-…….-a il capo dei….. l’urna era di creta, bronzo, argento ed oro. Geronimo Marzio b.7. Miscell. c.f. scrive l’urna di Papiniano giureconsulto era d’argento.
Dett’urna non era molto grande e picciola era quella di cui parla Properzio S 7. ele. Is «Accipiat manos parvula …». Né poteva esser grande «gtta» che Agrippina al parlar di Tacito, lib. 3 Annal. «……»  né per vertà non bisognava esser grande mentre poca cosa conteneva, ed un sepolcro di ossa doveva contenere, non facendo premura l’Antichi in raccogliere tutte le ceneri del defunto, ma atte solamente ………….. non appena delli legni come nota ………….., parlando dei funerali.
Non stimo che quel panno posto sopra la bocca dell’urna e che calava d’intorno al di fuora fosse quella tela fatta di lino «incombustibile» nella quale s’involgevano li cadaveri dei magnati per non far mischiare le loro ceneri con quelle dei legni bruciati 6) . Ciò perché il panno sembrava esser di lino, così anche pareva da da…… che in questa tela si involgevano li cadaveri che…………….
Veniamo ad indagare il significato del gallo di bronzo posto sopra l’urna……………………….. con modi speciale si dedicava (?) a Mercurio ed a Esculapio essendo necessaria la vigilanza del gallo come alli…….? così ai professori di medicina di quanti sanavansi per dei ……. Mercurio ed Esculapio.

Onde il gallo della nostra urna puot’esser simbolo di una delle dette…… e ciascheduna di esse aver poteva relazione a …….. credendosi dalli pagani ch’avessero dominio sopra la di loro anima. Da Artemidoro lib. 1. Onivocritic (?)…………………………………. Da Apuleo in Apologia pag. 295 si scrive……………………........................
Né Mercurio guidava solamente dai……….. la anima all’Orco ma anche da questo richiamatala per unirla nuovamente ad altri corpi secondo la dottrina di Pitagora che dall’Egitto portò in Italia la metempsicosi. Scrive a tal pagina sito Petronio in «Sat …« pag. 198:  Mercurius qui animas “duceva” et reduceva.
Di Esculapio credevasi che un giorno chiamasse da morte a vita gli uomuni; questo figurato dai poeti…………. dall’istoria poiché come piace a Plinio, Castore figliuolo di Tirso, ferito gravemente per lo perduto sangue fu tenuto come morto e da Esculapio medico con erba e fanghi essendo stato ridotto nella primiera sanità fu detto ch’egli da morte in vita l’avesse ritornato. A questo eccellente medico divinizzato…. si consacrò il gallo, ma Socrate morendo disse chi era debitore di un gallo ad Esculapio.
Posta (?) la teologia dell’………. con porsi sopra del cinerario il gallo significava si voleva che il defunto (?) sperava con la protezione di Mercurio che la sua anima si guidasse a bun luogo o che dall’orco si richiamasse per unirla ad altro corpo.*  Non senza ragione conghiettar potrebbesi  che il gallo posto sopra del cinerario dinotar volesse che le ossa sepolte fussero d’un bellicoso e vittorioso capitano. Aristofane chiama il gallo “Martis pullus”.**

Pausania scrive che a Minerva oparattica (?) era dedicato il gallo; e che in un castello dell’alpi (?) vi era una statua di Pallade, opera di Fidia, sulla celata della quale vi era un gallo posto come un segno che dimostrava di esser guerriero la diva. I…………. il valore di questo è molto lodato da Virgilio, che denotava che la loro nazione era bellicosa, coniavano nelle loro medaglie una zuffa di galli, come testimonia Polluce: «né credo che

* E’ la teoria della metempsicosi
** Pollo di Marte, cioè “ Pollo guerriero”

 

NOTE a margine della pagina 1 del manoscritto b/473
“H diceva che li sepolcri con urna di rame (bronzo?) con vasi nobili erano dei magnati perché nei primi tempi (della fondazione ?) non si permetteva il lusso  il lusso delli ricchi maosolei ma la loro grandezza li mostrava o nei ricchi vasi o nella patera: Cicerone Philippica, g : «Miores quidam statuas multas dacraverunt. Sepulcra paucis (è da vedersi il ……… di Cicerone e forse può parlare delle statue e sepolcri dentro la città, ne ciò farebbe al caso nostro) che poi li detti vasi fussero in «preggio« fini dal principio degl’Imperatori romani, si ricava da …….. nella vita di Capua dove si dice che li Romani andavano in caccia nei sepolcri antichi dei vasi e da una mia riflessione dall’essersi visionati nei sepolcri vasi semplicemente di patina negra8, e senza figura da noi oggi poco stimati e pure certi vasi erano rappezzati con fili di ferro filato onde non dovevano tenersi in alcuna stima.
1) Ma non è questa solamente la varietà dei sepochri dell’antichi capuani; vi erano mausolei magnifici dei quali appresso si farà parola, e ve ne erano fabbricati a volte sotterra e fra i molti uno assai ben conservato e dipinto con fogliami e nel quale per scalinata di piperno si calava fu scoperto fra Casapulla e Santamaria (presso il luogo detto di S. Crispino o le “cinquevie”)9: sepolchri di questa fatta, che descrivono Giovanni Kirchemando e Sannello Prisco: il primo da “FUNES. ROMAN.- L. 3. C.-….. communia sepulcra erant plerunque subterranea aedificia, arquata opera extracta pavimentis…… a parietibus circumsepta in qua tam quam in cellas quoddamm per gratis aliquod discendebant…….

* vedi figura seguente: il "bucchero”
** Il lettore rifletta sul fatto che la “Croce di S. Crispino” coincide con la zona della Cappella della Madonna delle Grazie, cioè “Santamaria” delle Grazie ?!.

 

Il bucchero
Il "bucchero”

 

A) olletta acroma a tre naselli
B) “bucchero” ?

I reperti di cui sopra furono incidentalmente da noi trovati su un cumulo di macerie. Furono, per eventuale studio e catalogazione da noi consegnati ai dirigenti del Museo Campano di Capua.

 

Per altra cagione i Suessani e i Caleni usavano nelle loro medaglie un gallo, che si alza in atto di voler cantare. P…… Valeriano scrive che li soldati persiani dalle car………..   venivano chiamati galli poiché li loro cimieri avevano ornamenti a somiglianza d’una testa di gallo; ad Antosonia, a un soldato che aveva ferito Ciro si diè per onore che portasse un gallo d’oro trafitto da una lancia avanti l’esercito e il gallo è un geroglifico molto adatto ad esprimere un soldato bellicoso e vittorioso, se riguardiamo alla proprietà del gallo, questo uccello dalli naturalisti è chiamato «pugnax» e sembra nato per combattere li simili a………… o incapace di cedere, ancorché dalla zuffa venga distolto, la ripiglia di………
Temistocle coll’esempio dei galli azzuffati, l’uno all’altro non cedendo, incoraggiò il suo esercito a militare valorosamente. Gli ……. Avevano il gallo per segno di vittoria perché il gallo ha per istinto di cantar dopo aver vinto l’inimico, e così manifesta la sua vittoria onde, come diceva, e il gallo un geroglifico espressivo del soldato valoroso, e vittorioso.
Se però supporre vogliamo una buona morale in chi ebbe la cura de funerale di chi in questa urna era .sepolto, vi sovrappose il gallo per dimostrare la felicità che maggiore godeva dopo la morte scrivendo a tal proposito  Pionio Valeriano l. 24: «……… OMISSIS ………».  
Altri interpreti di Platone vogliono che col sacrificio del gallo che nutrir si doveva, le anime che dalli corpi si dividevano, andando in cielo, si ricordassero di cantare inni di lode ad Apollo.
Passiamo alla dissertazione della patera, opera di ottimo artefice, d’una  creta leggera con lucida patina e “ciocche” l’avanza il pregio sono le molte figure, d’o…………. e le iscrizioni che vi si leggono. Nella parte concava vi è nel mezzo una figura in piè in atto di parlare ad una figura sedente e d’intorno si legge: andando da sinistra a destra:

Iscrizione

in maniera che la prima parola è dietro la figura sedente, l’altra dietro la figura in piè. Nel mezzo convessa vi è il suo piede, in due lati verso l’orlo vi sono due “manichi” ; dopo ciaschedun manico dall’uno e l’altro lato vi sono due parole che formano due brevi righi Iscrizione (?) tutte e quattro queste picciole iscrizioni………….contengono……………parole e se vi è qualche diversità, e sola nei caratteri, e di poco rimarco, non altrimenti che si osserva in tutti li manoscritti, nei quali si ritrova in uno istesso carattere qualche accidentale diversità de picciole descrizioni sono le seguenti :

Iscrizioni

Tra l’uno e l’altro manico dopo l’iscrizione vi sono tre figure da una parte e tre altre dall’altra. Tra la prima e seconda iscrizione, cominciando da sinistra, la prima figura è nuda ed incurvata appoggia la sinistra al suo ginocchio e porge la destra in atto di domandare qualche cosa alla figura che……….. la quale è palliata e nella destra tiene un flagello: poi si vede sospesa in aria una fionda e carica del suo globo viene appresso la terza figura nuda in piè colla destra distesa e colla sinistra tiene come una borsa per metà piena.
Nell’altro lato, cominciando similmente da sinistra prima viene una figura palliata, indi una figura nuda che nella destra tiene una fionda carica con un globo con in mezzo del quale il numero X (è da notarsi che nei globi di ………….. che dalli “tindatori” con la loro ……… si ……….. solevano notare i numeri e talvolta i nomi dei “tindatori” come leggesi in «…… 546». Segue la terza figura anche nuda, la…. tiene con ambo le mani come una falce colla quale è in atto di ………. .
Le figure tutte che nel “grosso” della patera sono …….. certamente denotano un esercizio ginnastico col maestro o proginnasta che tiene il flagello in mano equesto è il solo che nell’una e l’altra parte si offeriva ……: un consimile esercizio trovasi nell’antichità del Cavalier Maffei» scolpito con “bassorilievi” in un sarcografo.

Ciò che merita maggiore riflessione sono le varie iscrizioni che si vedono. Ma per leggerli sono andato cercando che caratteri mai fossero, dubitando che vi fosse qualche lettera etrusca ed osservandocene qualche una greca; ed in conseguenza da leggere si dovessero da destra a sinistra o da sinistra a destra. Cercai  il parere dei Savi dove il mio corto intendere non giungeva.
Feci una esatta copia di tutte le figure e delle iscrizioni e le mandai all’erudito signor Barone Antonimi, pregandolo che ne facesse parola al dottissimo Canonico Mazzocchi: la risposta del signor barone fu: «Il sig. Mazzocchi: non ha saputo dirmi altro se non che siano caratteri ionici antichissimi senza poterne dare interpretazione alcuna.
Su questo oracolo facendo savia riflessione 1) alli detti caratteri e leggendo da sinistra a destra ho trovato che in tutte e cinque l’iscrizioni vi è la parola «Iscrizione» ciè “KALOS” che significa “bello”. Nell’iscrizione nel concavo della patera l’altra parola è «Iscrizione» e nella parte parte convessa la seconda parola, come nella prima così nella seconda iscrizione è «Iscrizione» : e la seconda parola, così nella III come nella IV, iscrizione è «Iscrizione» da noi stimati nome propri ma non in intesi (compresi ?).
E’ frequente la parola “Kalos” nell’antichi vasi greci; come può osservarsi in molti che ne conserva il sigor marchese Mastrilli, e si unisce o col nome dell’Idolo o d’altro personaggio che vi è dipinto.
«………………………. Osserva che nei …… costuman l’antichi, per memoria, dipingon ritratti dell’amici onde conghietturo che nel concavo un amico fece ritrattare «Belno» e lo chiama «Bello N.» nel convesso nella iscrizione I e II vi sarà ritrattato il progimnasta, a cui si dà ancora il titolo di “bello” e nella III e IV vi è un altro proginnasta anche col titolo di “bello”, onde ivi cinque iscrizioni “parevano” li personaggi differenti, alli quali per ossequio se li dava il titolo di bello, come noi “saressimo” col titolo di “signore”, o ……… rimetto all’altrui considerazione il decidere se la detta «patera» siasi fabbricata nella grecia o in Campania (!) da greco autore e do passaggio all’«URCEO» il quale ha del vaso per la circostanza che aggiungo.

 

NOTE a margine della pagina 2 del manoscritto b/473
Ø Li vasi antichi che nei sepolchri si ritrovano sono un manifesto segno non esser sepochro di cristiani onde sono detti “etnici” (?) è certamente antichissimo il costume di portare per il freno i cavalli, come si hà (?) dal vaso formato a modo di testa di cavallo ed il freno è pure nell’urna già nominata nell’antecedente dissertazione…….. vi erano quelli che correvano a cavallo senza briglia, onde dovevano essere antichissimi.
«Seneca, epist. 56, descrivendo il rumore, che nei lagni si faceva, e specialmente in lungo ad essi vicino dove l’….. giunonica si esercitava, scrive: «Cum fortiores…… omissis……. » ciò specialmente facevano li saltatori…. avezzati a saltar col ……… OMISSISS»

 

Questo jonta di altezza due terzi di palmo; ha di diametro nel suo corpo mezzo palmo; alla bocca del suo collo nella parte interna vi è attraversato (?) come una membrana, della stessa creta , tutta perforata e vagamente si che bevendocisi uscisse il vino a poco a poco. Ha un manico è colorito di vari ornamenti d’un oro di bassa carata 1). Il colore della creta è bianco;  li suoi preggi (!) particolari sono un’estrema leggerezza e………………… un odore insolito a osservarsi che assomiglia a quello dell’«agosia» e ….. e ponendoci un liquore dentro divenda (!) anch’esso odoroso, e l’odore del vaso si fa più acuto;  sopra di questo vaso vi è il suo copertolo dell’istessa materia. L’odore  del vaso divenda (!) sopra ogni altra cosa degno di riflessione.
Bevevano gli antichi Magnati in vasi aurei con ….. cristallini a ….. fini come ce ne assicura Capitolino (!) nella vita di Antonino Pio; ma li cristallini e murrini erano per le rarità allora più stimati: Giovenale, Sat. 6, scrive: «Grandia tollumus (!) crystallina, maxima …..» e Marziale, lib. 3 epigr. 41, «Opimia num …… cristallinisque ……. proprirat (!)». 2)
E’ scabroso lo stabilire quali fussero questi «vasi murrini», da taluni detti “mirrini”, vedi Plinio f3, nota b, ………. . Vi è chi vuole sien formati da un piatto prezioso, altri vogliono che son d’una materia artefatta e simile alla porcellana.
Molti …… ed altri sono d’opinione, che  oggidì affatto s’ignorino, quali fussero li «vasi murrin» …… omissis.. ed altri ancora stimano che li vasi murrini fussero la nostra porcellana; e pongono il modo come si lavorassero.
Ludovico Moscato «de fossilibus» vuole che dei vasi murrini la materia fusse da una gomma detta, mirra che scaturisce nell’oriente da certi alberi incisi nella corteccia, la quale dal vasaio si preparava e la si davano i colori; ma viene impugnato da Giacomo Gualtero (?) de viro ……. Cap. 6 …….. è parso che la mirra fusse quella che oggi dalli …….. orientali si chiama BANPUI (!) : ma non comprendo quanta ragione l’assista, se stabilir crede che il BANPUI (!) servisse di potenziale per la composizione dei vasi se pure egli non intenda che il “bambui” (!) entrasse nella composizione della “murrina” detta ancora “mirina”, “ munrina” o “murrina”, che era una bevanda dolce e che odorava di mirra o “Bambui”: Plinio, lib. 4 capit. 13, dice: «Laudatissima priscos vina…  odora (!) condita». Lo stesso si ricava da Plauto nella sua favola intitolata “Persa”. Io stabilir non oso se il vino di tal concia desse il nome alli vasi mirrini o murrini, che naturalmente conmunicavano un odore al liquore, che vi si poneva dentro, simile a quello del vino murrino oppure se per la scarsezza a ….. dei vasi, si adoperassero li antichi a fare un vino di odore simile a quello che si ricavava dal vino posto nei vasi murrini.

 

Note a margine della pagina tre del manoscritto b/473
) riguardo alle uova (?) intiere ivi ritrovate…….. e di “legiarissimo” peso non essendovi che la sola corteccia(?) dico che siccome nelle ceneri……  si apponevanole uova anzi da essa s’incominciava …………………… poi alla frutta, onde nacque il proverbio «ab ovo usque ad mala» (dall’uovo fino alle mele!), come si legge in Cicerone (lib 9……) ed in Orazio (……..) così nelle cose (cose) funebri dette …… dovettero avere il suo luogo la uova.

1) a questo vaso per l’ornamento se non ….. , imitava, almeno questi dotti……. , così chiamati dall’oro incastratovi : di questi parla B……. e delli medsimi parla Marziale, l, 2- epigr. 43:
«………. OMISSIS ……. ».

2) Praperzio. Lib. 3 – eleg. 3 , la menzione delli vasi di gomma; (!) Marziale, lib. 1 (?)- epigr. 3 «…. Nec bibit a gumma (?) divina (!) nostra sitis» …. Ed io ho appreso in parola di un forestiero …… un podio formato da una patera di smeraldo, sebbene vi era il piede fatto d’oro per essersi ritrovato il solo calice senza piede.

3) La stima dei vasi cristallini si ricava anche da Plinio secondo questi lo lo fà in L. 37- <. 2: « …………. Ad …. Habeent.»

) «più esatta poteva farla se avessi avuto alla mani scoligeio (?)………»

 

Mi lusingo che Plinio e ….. ci bastino di guida per rintracciare quale fussero questi “vasi murrini”. Il primo, lib.37- c-2 poco dopo soggiunge: «Oriens Myrrin mittit ----- enim ibi in pluribus locis, nec insignibus …… tamen in …….. humanam esse …. Sub …… cum calore. Amplitudine num quam parva ………… quanta dictum ……. Vasi : spandor his sine viribus, nitorque varius splendor. S in precio variatos (!) colorum …… circumagentibus ……  ……. …. in purpuram candoremque ….. OMISSISS …… . Aliqua et in odore commendazio est.
Cauiamo (?), «lib.5 de subtilitate b. 143», fa la sua annotazione al punto sesto di Plinio : ….. ergo qui non videt …….. ….. …. , ed  eius genesis, quod ne dixi hodie porcellanas solemus appellare ….. OMISSIS …»
Bastante lume si ha da Plinio per aver cognizione delli legittimi (!) e più pregevoli vasi murrini come ancora da Candato (?) per distinguere da questi l’adulterini, ma, con sua pace, questo pon sempre da al segno. Dell’addetto “fasto” di Plinio non è legittima la sua illazione: ergo quis non videt figulina (?) honc esse, et eius generis  quod ne dixi liodie Porcellanas solenum appellare la “Murra” (quale Plinio vuole che sia un umore dentro trova conden(z)ato dal calore, in simile di vasi, altri umori osserviamo nell’ambra ed in altre fiate. Nelle quali infatti, o corpi di altro genere vi si trovano “pastificati” l’edrio(?) contiene una bellissima «agata» di tal sorte viene dalli eruditi naturalisti stimata non per creta ma per una specie di pietra preziosa didatta (!) di odore e di varietà di colori, e poi ……   e verosimile, che tenendosi gran corto delli vasi murrini (così detti perché formati dalle pietre di «murra») e mancando la materia per formarne di molti per soddisfare al lusso dei magnati, si adoperarono li vasi a formarne altri di altra materia, siasi conchiglia, cortecci di uova, creta, o altro al modo come si lavora la porcellana. Ne’ è vero, almeno non sembra, quel che scrive:    «At  nostra  pallidiora  sunt  (!)  et  odore  cavant»:  mentre l’«URCEO» che io adopero non è certamente di pietra, ma a modo di porcellana e pura si conserva ancora con maraviglia dell’osservatori, dopo tanti secoli il suo odore, il quale ponendovicisi liquore, si fa sensibilissimo: onde nella composizione, che gli antichi vasai facevano per formare l’adulterini “vasi murrini”, vi ponevano corpi odorosi ed in questi forse entrava il “Bompui” di Giacomo Gualtero: «…… est , an ex cognantum (!) ob nitorem ac duritiam (?)», ciò si assicura da Propezio, lib. 4 eleg. «Murrham que in pastis pocula conta focis»ed in questo luogo Properzio dava intendersi  per li “vasi murrini adulterini” che l’ ……………. Per li pasti per supplire alla scarsezza di vasi murrini di pietra che non tenevano bisogno del fuoco. Dicendo poi Caudano (!): «Nunc longo ……. …….  ex conchyliorum at que ovarum corticibus»; io aggiungo che anche nei “Kepi” vecchi si servivano di cortecce d’uova; ed io viddi presso dei PP. Scalzi di S. Marco in una Grotta, che casualmente si aprì, un mucchio assai grande di scorza d’uova, e poco da queste lontano era un gran masso di pasta che stimai serivir doveva per formar vasi, come ad altrui amici comunicai e quindi anche si doveva ciò che Cardano dice che per ottanta, a cento anni si fa macerare sotterra la materia servir dovea per la confezione dei vasi fini. “Perlocchè vuole stimarsi con fondamento che 1) anche in Capua si lavorassero questi “«vasi murrini adulterini» fra i quali è da numerarsi il mio, seppure in Capua se ne lavorassero coll’aggiunta dell’odore già detto(!!!).
Plinio, al lib. 32-C-2 scrivendo che Pompeo fu il primo che dall’Oriente, dopo di averlo soggiogato, portasse in Roma li “vasi murrini”, e nel suo trionfo li dedicò a Giove Capitolino 2), entrai nel dubbio se fusse o no ritrovato) il mio «urceo» murrino nell’istesso sepolcro dove la «patera» pareva si era ritrovata e l’uno e l’altro da me si conservavano: “poiché” il sito del “sepolcro” e li caratteri della “patera” denotano, come appresso dirò, tempi assai più antichi dell’introduzione dei “vasi murrini” in Italia; e seppi con sincerità in appresso, che il vaso murrino non fu ritrovato nel medesimo sepolcro, né tampoco nell’altri,

 

NOTE a margine della pagina 4 del manoscritto b/473
1) Non solamente in ….. ma anche ….
2) Indi a poco passarono ad uso comune (?)

 

perché in quel luogo si son ritrovati, ma altrove. Contuttociò ho stimato di porre qualche notizia da me raccolta delli vasi murrini e qualche  riflessione da me fatta trattando dei vasi di questo sepolcro, ancorché di quello non fusse il vaso, mentre non sarà disgradevole al lettore ed in confuso ed incertezza delli scrittori di oggi si fa parola. E mi lusingo che da finora detto si potrà dedurre che li vasi, e “legitimi vasi murrini” erano di una pietra odorosa e vaga per i colori della, quale in Oriente solamente si faceva incetto e d’indi in Italia pervenne la prima volta portata dal Gran Pompeo; ed indi, poco dopo anche da Augusto, scrivendo Sventolio al cap. 71 della vita del medesimo che: «Alexandria capta, nihil sibi………. Unum murrhynum calicem ex instrumento regio retinuerit»,e che oltre alli vasi, e legittimi vasi murrini, se ne fabbricassero in appresso come in Oriente, così altrove e specialmente in Capoa, dove sotterra già abbiamo ritrovato il materiale da lavorare; essendo nella loro disposizione corteccie (?) d’uova ed altri sughi ed odori e forse anche creta, sebbene non in tutto ci siano noti l’ingredienti.
Il giureconsulto Iambdeno ci fa sapere che li vasi murrini non solamente si usavano per bere ma anche per mangiare: murrinea vasa que ed usum emendi ac bibendi causa (?) reperta sunt, esse in suppellectili.
Nel suddetto sepulcreto ritrovandosi «intervallamento» situati tumuli di mattoni (e questi li più poveri senza vasi o con qualche uno rustico) di piperno bislunghi e con ossa e qualche vaso più nobile e di piperno quadrati e quasti con urna cineraria e vasi le più pregevoli, e da credersi che in Capoa, non altrimenti costumavasi così di seppellire li cadaveri, come di brigiarli e poi riporre le ceneri col residuo delle ossa. Nelle leggi decemvirali si legge: “Hominem mortuum in Urbe nec sepelito nec urito”;

onde l’uno e l’altro costumavasi. Dalli vasi più pregevoli che si ritrovano presso l’urna cineraria ne segue che li magnati, e li più ricchi solevano bruciarsi; né però tutti potevano tollerare la spesa per la pira e gli aromi che anche si bruciavano.
Quando cominciasse in Capoa il bruciare li cadaveri è facile lo stabilirlo, ma forse fu prima che in Roma, poiché da ciò che orora dirò questi nostri sepolc(h)ri con urna cineraria sono nei primi secoli di Capoa, ed in Roma, secondo l’opinione di Cicerone:(l-2. de le gibus) e da ciò che scrive Plinio: l. 2. histor natur c. 54 ), comincio l’ustione dei cadaveri nei tempi di Silla; sebbene perciò Geronimo Marzio lib. 3 Miscell. cap. 10 e (……. ) lib. 1. da “funeribus Roman” sostengono che molto prima di Silla bruciassero in Roma li cadaveri: e come «nò» per le leggi decemvirali furono molto prima di Silla ? E’ certo altresì che in tempi assai vecchi presso di altre nazioni si usasse l’ustione. Da Giustino (lib. Sq …. ) sappiamo che egli Africani bruciavano li cadaveri. Homero nell’Iliade …… ci fa sapere che li Greci facevano lo stesso ed approvava la loro condotta il filosofo Eraclito non ostante che Talete Milesio ….. che li Greci Asiatici anzi a seppellire che bruciare i cadaveri. Vi furono però dei popoli che …… costumavano seppellire li cadaveri, come li Persiani secondo come testimonia Herodoto (lib. 3 ……) lo stesso facevano gli Ebrei che mai, o di raro, bruciavano li cadaveri. Ma che diremo del tempo di detti sepolc(h)ri campani ?.
Certamente furono antichissimi e dei primi secoli di Capua, così se avevamo riguardo alle iscrizioni dei vasi, come al luogo del Sepolcreto: va nel tempo che furono lavorati li vasi in detti sepolcri ritrovati, li caratteri imprèssivi furono l’antichissimi Ionici, questi dovevano essere in uso appo coloro, che sepolti si ritrovano, né è verosimile che si conservassero, per porli nei sepolcri vasi da più secoli indietro lavorati. Inoltre se riguardasi il luogo dei detti sepolcri, questo (luogo) era dentro di Capua,* considerata nel tempo più brillante della sua magnificenza, e pure li sepolcri esser dovevano fuori città, come anche in Roma si praticava, quindi si ricava che questi sepolcri furono dei primi cittadini di Capoa e siti già fuori città che crescendo poi questa in grandezza, dilatandosi il giro della medesima (osservatosi dal dottissimo Pratili nell’Appia una sua porta che a questo luogo è vicina presso «LA MADONNA DELLE GRAZIE DI MACERATA», questi sepolcrinvennero a rattrovarsi dentro la città. E se Roma non permetteva il seppellire dentro la città 1) “osservadosi” presso le sue principali vie, ………. , vestigi di vasi, tumoli, e nell’Appia due celebri Maosolei, uno detto Conocchia” (o colonna) e l’altro le “carceri”, e vi furono eruditi Capuani del secolo passato, che giunsero a stabilire, non so con quanta ragione che il secondo era il sepolcro di Taurae (vedosi nel mio  “………………. “ f. l. 605 e 606.
Ne Capoa solamente, e Roma ebbero li sepolc(h)ri anticamente fuori della città, ma forse tutte le regioni in tempi più vecchi ancora costumatasi lo stesso. Tra li Ebrei Abramo co(n)prò da Efron una caverna in Ebron per seppellirvi Sara, sua moglie:
“Atque ita seppellivit Abraham Saaram uxorem suam in spelunga agri duplici (Genesi 23.19 e 29 e 9 si dice che nel luogo stesso fu sepolto Abramo. Nella Genesi altresì si legge 35. 20 che Giuseppe fu sepolto in “sichem” in parte agri quem amavat Jacob a filiìs “Hamon”: Giosuè nel …… epica Joan. 24. 30. 37). Il sepolcro di Labaro era fuori di Betania (Jan. 15. 3. 8). Il Bonami nella Siracusa illustrata (lib. 1 ) fa menzione che sepolc(h)ri ritrovati nella strada fuori la città di Sicilia e questo dovette essere antichissimo costume, poicchè il Calmet col’autorità di Bocarto indici Biblic…… vuole che di Farisei (?) che abitavano in Canaan, onde s’acquistassero il nome di Cananei avendo introdotta della loro colonia, nella isola del mediterraneo, introdussero, particolarmente in Sicilia, onde la …… fu nella Cananaria sepolta in campagna, questo costume ….. anche li Fenici cananei si andarono a …….. nella Sicilia ed infatti al modo dei Cananei sepolcri si ritrovano nelle campagne della Sicilia ed anche scavati nei monti Sa(????) dunque in CAPOA, come in altre città costumatasi seppellire fuori della città, a li …….. sepolcri si ritrovano dentro il Distretto di Capoa considerata nel tempo della sua ampiezza; contestar (?) dobbiamo che antichissimi eglino siano e posti nelli primi tempi della fondazione di Capoa, quando il suo recinto era più ristretto, e fuori dal quale dovevano esser li detti sepolcri.

 

NOTE a margine della pagina 5 del manoscritto b/473
1) Il cerimoniale dinota la moneta in bocca ………. Fusse dall’etruria, da qualche …………. Vari oggetti …….. di questi per propria (!) un cavallo ….. tolta trvata nella bocca del padrone una medaglia d’oro.
2) Ritrovandosi talvolta nella bocca una medaglia in un «Pignatino»non cinerario o altrove, vicino al cadavere, fu stimato da taluni che questa si ponesse per denotare l’anno de la morte …….. una moneta nell’anno stesso coniata nella città del defunto, o in Roma, o dalla Tribunalizia Consolare, o più tosto dalla Tribunalizia …….. dell’Imperatore che ……. in quell’anno correva, si computava l’anno della sepoltura.
Ø Cerimoniale per altro non osservato in tutti li …… o in li tempi etnici (?)
a) si parla dell’urna ritrovata presso la cappella Madonna delle Grazie , detta di Macerata.

 

Dei medesimi l’antichità si suole anche comprovare dalla “MEDAGLIA OSCA” (!!!) nell’urna fra le ceneri. “PRIMA DI ASTRARRE DI CASA IL CADAVERE NELLA SUA BOCCA SI PONEVA UNA MONETA” colla quale pensavano di pagare il nolo di nave a Caronte per il passaggio della Palude Stigma, e fatta l’ustione del cadavere (cagione del fuoco consumata e ……. Si visionava la moneta dentro l’urna cineraria) con le ceneri anche questa moneta si poneva nell’urna ……..  …….  ……  . Rassicura Apuleio lib. 6 …… pag. 1 ter. «Cum ad flunem mortuum veneis …. …. Clavem protinus (?) ……   ….. pìe ad ripam ulteriorem ….. …… …. Commutas»:
il costume di questa moneta fu  la prima volta iniziato (?) dalli Greci (Nasichio in “lexico” e Aristofane in ……) la moneta in quest’urna ritrovata a) per la “scomposizione non si distingueva li caratteri e l’iscrizione coniativi, ma per assai picciola e ricca di metallo (? Incrostazioni), nella figura simile ad altra medaglia di Capua (?) CON CARATTERI OSCI !! diverse delle quali mi sono capitate fino a noi………… che fusse medaglia di Capua in tempo della sua Repubblica, e non di Prefettura o Colonia Romana e perciò dinota l’antichità del sepolcro (presso Madonna delle Grazie di Macerata).
Resta a dire qualche cosa della «lucerna». Non vi è cosa più controversa, fra l’eruditi insigni, quanto l’uso a la destra della lucerna, che nei sepolcri si ritrattava; si conviene a….. dei ……. Si ponessero, ma non ne fu stabilita il …….  ……      ……. OMISSIS …… con un libro intiero ed altri sostengono che è per opera d’una sognata (?) aura magica o per il papiro (!) ad oglio combustibile o per ……… OMISSIS ….. dalla lucerna alla sua «Acrosfara»(!) Pr…….., lib. 4 philosoph natural cap. 3, colla comunione dei dotti critici a primi di questi Bonamico hanno per “favola” questa lucerna eterna stimando impossibile unirsi alla natura del fuoco il non consumarsi la materia che lo produce: ma se vere sono osservazioni del Sig. Principe….. e se ci toccherà vedere l’esperienza che ci promette di formare lucerna che arda se non per sempre per lunghissimo tempo, come già in più tornate egli ha manifestato d’un lume presso lui acceso e di lunga durata; per la raggione che da questi critici mi arreca dalla incompostibilità del fuoco senza……… il suo ………vacillerebbe: ma non perciò varrebbe a stabilirsi il lume perenne della lucerna, poiché per questa stessa cagione per la quale li sostenitori del lume eterno vogliono che questo s’estingua, cioè l’intromessione dell’aria; per l’istessa che manca nel sepolcro ben chiuso, non può il lume mantenersi né quella poca che dentro la supporta …… contenuta e della fiamma della lucerna stessa molto rarefatta ……bastava: e per l’osservazione di S. Severo il suo lume ardeva a ……e poi s’estingue per difetto, e variazione dell’aria.
Ma io soggiungo che in molta di questa lucerna ritrovata; ed in questi che si dicono estinte per l’apertura dei sepolcri, ed intromissione dell’aria né papiro si è ritrovato, ne punto né poco di materia combustibile dentro la lucerna, come dunque andavano “momenti prima d’aprirsi il sepolcro?  Inoltre le han ritrovate e da me asservate, che nella bocca loro annerita ed affumicata non sono e nuove e conservate come allora uscite fussero dalla mano dell’artefice, come dunque han potuto ardere!! Tralascio la nostra raggione che dalli contraddittori di questi lumi eterni si portano, quanti appo delli medesimi si possano leggere, come le risposte all’esperienze che si arrecano delli sostenitori di questi lumi perenni.
Per dire il mio sentimento in questa lucerna vi trovo una morale …….. superstizione dal …. introdottasi (iniziate a nuovo …… la idolatria essendovi …… gli egizi prima d’introdurre l’idolatria) nella nuova adunanza che avevano* ò nella quale prima deploravano la disgrazia dei morti nel diluvio. Indi ringraziavano Iddio d’aver preservato li loro genitori e del mantenimento che li somministrava) mantenevano nel luogo della loro adunanza il fuoco, come uno dei simboli lo più atto a dar loro un’idea (?) sensibile della potenza, della bellezza della purità (?) e dell’eternità di quell’essere che vivevano in adorare**.  Mosè  conservò – la pratica fuoco perpetuo ……. …… …   e questa cerimonia la prescrisse all’Israeliti; e questo simbolo così espressivo sussiste ancora oggidì nei nostri Templi. Ignorandosi in appresso dell’egizi il significato dei loro simboli, per l’introduzione della scrittura corsiva, e resi già idolatri simbolo si formarono …… ….. ed alla medesima attribuirono la idea che dal vero Iddio s’avevano, ed il cerimoniale egizio (?) communicato alla vicina, indi alla più lontana nazione,  contaminarono la medesima. Nell’istoria della religione persiana leggiamo che li Persi nel fuoco ritrovavano l’imagine della divinità: lo stesso osservò nel Perù od in altra parete dell’America il P…….. come ci lasciò scritto nei «Costumi dei selvaggi».
I “Pritanei (?) dei Greci avevano un focolare perpetuo: la vista degli etruschi, dei sabini, e dei Romani altro non era, che fuoco: «Per olim vestam, nisi vivam intellige flammam». Ovid . Fast, od (VEL) quanto dire, in una lucerna: sospesa, come sappiamo dal giuramento di Valerio Massimo l. 5 c.4 mit. 6 «Per Thanas Vesta focos fribilibus (!) etiam num vasia contenutos juro», e ……… l. 4 : «Antiquit. Romani, ad Rosin».  soggiunge : «Ignem hunc non in focis, ant altaribus sed suspersum(?), vatis qui busdem fictilibus» Il continuatore dello spettacolo della natura nel settimo tono ha posto in chiaro che una delle sue principali figure simboliche dell’antica scrittura egizia fusse Iside e che questa secondo il differente attributo che se le dava, indicava ora una adunanza (!) religiosa ora una azzione da farsi per lo bisogno della vita civile, ora altro;
e viceversa perciò vari nomi (che malamente intesi in appresso formano varie ideali deità); fu detta “Zaith” o “Saith”, che  significa olea, oliva perché forse in fra mano teneva un ramo d’oliva per denotare la coltura che in quel tempo far si doveva, o perché non intendendo più l’antico significato la stimassero autore di tal pianta, o che la per prima dal frutto di questa cavasse l’oglio (2) . Fu anche detta “Poliode” dalla parola “Poliè”, che significa lucerna, dalla lucerna che facilmente le davano, quando indicar doveva la celeste festa, o adunanza religiosa che celebrano nel principio dell’anno e nella quale, come ho detto, mantenevano il fuoco simbolo dell’Essere Supremo, malamente inteso in appresso fu tenuta per ……….. una deità inventrice di lucerna ***. Inoltre Kirchei, Edip. Tom. Cap. 3 pag.20, leggendo Mgrobio, scrive: «Non t Vedit Macrobius Grecis Minerva, Egiptiis Isis est nomina»; onde Iside egizia fu la stessa che la Minerva dei Greci, quindi forse si avvenne che, siccome gli Egizi dovan ad Iside Polìade la lucerna, Callimaco in Atene dedicò a Minerva la famosa lucerna d’oro ed il lucignolo incombustibile, che ardeva un anno intiero senza rifondervi l’olio.
Pomponio, lib. P. 437. passiamo avanti: Erodono, lib. 2 num. 62, scrive che nella città di Sais, dedicata ad Iside, o diciam Minerva Sabota si celebrava ogni anno a di lei onore la solennità denominata «ACCENSIONE DELLE LUCERNE» 3) (P. Batoli – Histor.  chin. Lib. 1 pag. 55: «Se ne faceva una consimile nella Cina) e l’erudito ….. Bianchi ….. nella sua (?) Storia Universale greca (?) …… che nella Frigia e in altre città dell’Italia veniva  con queste due nazioni aveva compitato la Frigia, la Grecia e l’Italia, anche grandemente (!) questa “festa delle lucerne” si celebrava nel principio dell’anno, e da Ovidio nei Fasti (?) chiaramente si conosce che anche dalli Romani le rinovazione della fiamma, o lucerna di Vesta si faceva nel principio dell’anno; in così la festa che in onore di dio si faceva dalli fedeli egizi nel principio dell’anno e nalla cui le mantenevano una lucerna, o fuoco, come simbolo di Dio, ed adatto ad esprimere li preci attributi dalli stessi egizi resi idolatri, e male intesi dei simboli dei loro antecessori, in appresso da altre nazioni, o che detti egizi ricopiavano il cerimoniale sacro; divenne una festa di Iside, anche con altri e differenti nomi, chiamata dalle varie nazioni, e solo ad essa si attribuivano le lucerne, ma l’accensione che di queste si faceva, passo per un simbolo dell’anno nuovo che principiava.

 

NOTE a margine della pagina 6 del manoscritto b/473
*- e fra questo la più solenne era quella della gran festa che celebrano ad onor di Dio al principio dell’anno, nella ….

**- ……. Dello spettacolo della natura, tom. 7 cap. 1 r b.

1) quindi conghiettura si potrebbe che la lucerna porta nel sepolcro augurava se non divinità almeno uno stato felice all’anima de defunto, ma non guarda questo segno il mio argomento.

2) …… e Pomponio, l. 2 pag. 113, scrive che sotto il titolo di “Isitide” ebbe un tempo in Corinto.

3) E anche per tutte le città dell’Egitto si faceva lo stesso nella propria casa da quanti non andavano a Sai.

*** a farla oggetto credo forse dalli ………. In una lucerna con ISCRIZIONE GRECA che significava «MINERVA VINCITRICE», delli greci rappresentanti Minerva, la lucerna è rappresentata da Licata(?) a «Bellona»

 

Non ferma qui l’improprietà del cerimoniale……. Anzi dall’accenzione delle lucerne nell’anno nuovo, ne nacque il costume di solennizzare ogni anno i natali di ciascheduno con accendere le lucerne (costume che sia (anche) generalmente si pratica nella nascita dei Grandi come vogliono gli espositori (traduttori?) alla Sov. V Herodis venera dios undeaque ….. omissis …….. pùgnam nebulam ……… lucernae.
Ma restingiamo l’argomento alle lucerne sepolcrali (dice l’Anonimo ?!?
Non contenti di solennizzare i natali appo loro viventi vollero che anche dopo morte, si proseguisse a far lo stesso; perciò nei monumenti frequentissima l’ordinata dei testatori (come con iscrizioni dimostra d’altro argomento fanno però al mio proposito la sua riflessione) che ogni anno in perpetuo su distribuisca l’olio nel giorno del di loro natale, onde è quel nome della lucerna perpetua, che ha ingannato ancora oggidì la vera credulità di alcuni nel ripeterla.
Detta così poichè ardono perpetuamente con la stessa materia, che circoli e non si distrugga (!): quando potrebbero saper da Ovidio nei Fasti, che anche il fuoco di Vesta, detto non solamente perpetuo, ma eterno, si accenderà ogni anno di tal nuovo; dove dopo d’aver detto di «ciocche» si costumava di fare nel principio del nuova anno soggiunge: «Vesta quoque in folio ….. velata …….. Dicitur et viras flamma nefanda (!) capit.
Ma ad evidenza dimostrerò l’uso delle lucerne sepolcrali, a la volontà dè testatori, li quali con quelle volevano se li perpetuasse l’annuncio dell’antiche (?) ritrovavansi, l’iscrizioni di sua lucerna che il Bianchini adduce rapporta e dal medesimo conservate. In una si legge «ANNUM NOVUM FELICEM MI(c)RI; nell’altra «ANNUM NOVUM FAUSTUM FELIC ME»; nella terza «ANNUM NOVUM FAUSTUM FELICEM MIHI» ed un'altra è spiegata dal Belloni F: SAV BARTOLI «Lucerne antiche, part. 3 n 3 e…quante altre all’annuncio simile di felicità per il nuovo anno si vedono corone, festoni e monete con l’impronta di Giano impressa nella stessa creta, simboli tutti riferiti alla cerimonia del nuovo anno.
Giudicar quindi con ragione si vuole che la lucerna era simbolo dell’anno e con l’accensione di essa solennizavansi i natali ed auguratasi felice l’anno che cominciava; e le “sepolcrali” ci assicurano che dalli eredi, a testatori questo costume anche si praticava con di farsi riguardo alle loro anime felici l’anni futuri chi sa se le candele che si accendono sulli sepolcri dei «Cristiani»* nella commemorazione specialmente di tutti i defunti (il 2 di novembre !?) sia forse un vestigio rimasto di questo antico costume, ricopiato non dalli ……. Ma dalli antichi fedeli egizi che la gran festa che celebravano con l’accensione delle lucerne nel principio dell’anno, cominciava dal pianto e dalla commemorazione dei defunti nel diluvio? **
Voglia questo mio pensiero per una mera conghiettura certamente lo ebbe nel principio del primo secolo …… fino a tutto il secondo secolo e più, cioè fino a venticinque anni ancora dopo del terzo secolo. Imperciocchè in tempo di Caligola il  «cristiano (?) Imperio cominciò nell’anno trentasette del Signore il carpento pompatico descrive Svetonio 1) : «instituit matri circenses, carpentum (?) que quo in POMPA……. Traduceratur…» e forse anni prima ancora era pampatico mentre in medaglia lo ritroviamo coniato prima di Agrippina, in Giulia Augusta.
Lo stesso uso dovette avere sino dopo il secondo secolo, perché lo ritroviamo coniato nella medaglia di Giulia Pia e credo che l’ebbe sino all’anni 325 circa* del Signore, perché, come da Zosimo abbiamo, Costantino il Grande in tal’anno estirpò cotal memoria di “Gentilizzare (paganità?) con proibire le pompe circensi nelle quali le deità delli Romani portavasi in trionfo. Perciò è da credersi che sino a tal tempo li «carpenti» (? Incisori ?) ebbero tal’un avanzacchè in medaglia non ne abbiamo documenti neanche (?) in Giulia Augusta la prima ed in Giulia Pia l’ultima volta osserviamo medaglie con carpendo **.
Onofrio Panvinio avvalora l’opinione del Pisisco poiché ….. allo stabilir per pompatici (!) tali veicoli, nelle figure che di esse ci dà, ricavate dalle medaglie, marmi e bronzi antichi nelle …… ci rappresenta “dei” maggiori, nei carri imperatori divi e nelle carpenti Augusta diva. E che la cosa vada così, ben se il persuade ognun che riflette all’autirità degli storici ed alli documenti autentici delle medaglie, che l’uso di detti veicoli ci contestano.
Che la tensa si fusse un sacro pompatici veicolo degli dei a bastanza sta dimostrato ………. Che non va che lo spieghi. Ma che sia veicolo proprio degli dei maggiori vi puole essere chi a Pisisco lo contrasti. Vedremo ciocche (!) ne dicono gli eruditi antiquari Panvinio …… ci da due figure della “Tensa” *** una tirata da quattro cavalli con la figura di Giove con l’aquila, l’altra tirata da due cavalli e rappresentasi in essa la statua di Giunone ed il Pavone.

 

Carpentum
Carpentum

 

Tensa
Tensa

 

NOTE a margine della pagina 7 del manoscritto b/473
*    seguaci di Cristo ?!?

**  poco variando li greci dall’egizi chiarendo con gli Asiatici che fra li mesi di febbraio e marzo celebravano il termine dell’anno colla mani dei nostri nel diluvio, e il principio del nuovo colla solennità delle lucerne, Bianchini f. 246;

*    di Roma ? No! È riferito all’anno 325 d.C.

** da detta Augusta in appresso sebbene abbiamo medaglia con tipi (caratteri ) di consacrazione, non ne vediamo con quei degli veicoli sacri; notasi anche perché non mai l’Augusti ed augusta ottennero l’apoteosi, tralasciarsi di segnar questi perché si son già fatti uguali….

***  tensa pompatici carro sacro da processione per le immagini degli dei maggiori-con tiro a quattro cavalli (Giove, Marte, Minerva, Nettuno, Giunone ) carri sacri con tiro a due per i sacerdoti, le donne, le personalità gli dei minori;

 

Il medesimo raccogliendo vari luoghi dei scrittori fa menzione delle “tense” di Giove, Minerva, Marte, e Nettuno, questi tutti sono “dei” maggiori e che fusse la “tensa” propria delle deità principali ed in più conto tenuta dagli Romani ……. ……. Da una riflessione che fo sulla descrizione della tensi di Sinnio Capitone: «Tensa est vechiculum quo …….. deorum lucudis circensibus in circuì ad pulvinare “vehuntur”» Donde può dedursi che si conducevano al circo nelle tense le statue di questi dei, li quali nel circo avevano il «lettistaurio (?)» detto ancora «pulvinare» (palco da cui si assisteva ai giochi nel circo ) e questo si apponeva alle statue delle deità in tempo degli sacrifici come se incaricati gli dei avessero a “ gareggiare” (!).
Nella spira del circo altre statue ed esse non erano che degli dei principali romani, ne delle Dive o Divi Augusti o d’altre deità minori, perciò non potendoci essere “lettistarni”(?) di queste deità minori, non potevano in medaglia essere condotte sulle “tense”, le quali conducevano le statue al pulvinare.
Non erano però le sole “tense” il veicolo delle deità maggiori, ma era anche certi “carri” molto fastosi, tirati da due o quattro cavalli guidati come nelle “tense” e “carpenti” da giovani riguardevoli su dei quali carri non una ma due deità maggiori si collocavano, come ci mostra; in due figure il Panvinio; 1)  il quale rappresenta benanche due figure del «FERCOLO» (carretta), su del cui due deità maggiori …….  …. vi sono, e poco prima aveva detto che il “percoli” non era un veicolo pompatici degi dei. Il “fercolo” però era ancora (un) veicolo che si usava nei trionfi come certi carri di quattro ruote detti  «Armasnati (?)» su dei quali riponevansi vasi ricchi tolti ai nemici vinti, corone d’oro, corazze, scuri e cose simili à medesimi tolte, ma i “fercoli” trionfali erano meno ornati e di figura alquanto varia.
Parlando di “fercoli” sacri voglio dirvi una mia conghiettura:
Disse Aerone (?) «Fercula esse pulpita que deorum imagines “reponebratur” in pompa circensi» questo essendo un dotto grammatico dovette usare il “Reponebantur” nel senso di «Rursus ponebautur», come “repositus” val l’istesso che «Iteram positus» onde io stimo che vi conducevano le statue delle deità maggiori nelle Carpenti ma venutasi alla spira del circo si situassero nelle “fercoli” esposti alla visita di tutti durante gli sacrifici altrimente come potrebbesi intendere “ciocche” di Cesare disse Svetonio, che ottenne per se «sedem auream in curia, et pro tribunali, tensam et ferculam circensi pompa 3) ….» (in che modo Cesare, andando con la pompa nel circo, poteva esser condotto nella tensa e nel fercolo)?
Che il descritto carro tirato da quattro elefanti fosse stato pompatici ed usato da divi lo sappiamo da Svetonio 4) : « aviae Livide divinos honoris et circensi pompa carrum elefantorum Augustoro (?) similem decernendum curavit» d’onde si deduce che il carro del divo Augusto era pompomatico e quale fusse egli il carro suddetto, cioè nella forma appunto che me è stato decritto e nella sua medaglia l’osserviamo; e se consimili carri in medaglia d’altri Imperadori divi li vedemo impressi, e sempre, o per lo più nelle medaglie degli Augusti solamente, dovemo dire che non solamente detti Augusti, ma proprij delli medesimi.
Né altrimenti possiam stimare dei “carpenti” li quali per pompatici sempre li giudica Svetonio in Ausonia, Agrippina ed altre e come esso si dà solamente all’Augusta diva, e noi non l’osserviamo che in medaglie della medesima così non vi è scrittore d’Imperial famiglia dedicate.
Sebbene io sia del sentimento stesso del Pisisco che con somma erudizione e proprietà tratto dell’uso e significati delli vocaboli e perciò nu adotto la sua opinione riguardo all’uso del “carpento” carro pompomatico, e della tensa non pertanto mi persuado che l’uso si stato inalterabile e che in certe contingenze non si fosse traviato da proprio e consueto ……sistema.
Ma non perché ciò sia qualche volta accaduto, abbiamo noi a stimare che l’uso proprio de detti veicoli avesse lasciato di essere tale.
Quante leggi vi sono che mai perdono del loro vigore ancorché talvolta da esse sitravia ? Esporrò delle cagioni per le quali talora siasi declinato dall’ordine consueto cui dà il Pisisco a questi veicoli; benvero però di raro troveremo che in fatti sia accaduto così.
L’ambizione e l’adulazione alterarono qualche volta l’ordine e la proprietà dei veicoli nella pompa. Cesare mai satollo di onori non contento della statua innalzatoglio nel tempio di Quirino colla iscrizione «Dei Invicti (?)»
come scrive Dione 1)  permise che se le decretasse la tensa e il fercolo nelle pompe circensi, come notò Svetonio 2).
L’adulatori Romani equipararono i loro Augusti a certe deità di primo rango e col nome e culto della medesima l’adoravano. Il Senato Romano per adulare il genio stravagante di Comodo, il quale voleva esser temuto per Ercole, li dedicò una statua nella quale per un ercole si figurava e perciò in certe sue medaglie tale l’osserviamo con pelle di leone. Le Auguste dive spesso l’assomigliano a Cibele o Giunone, a Venere o Diana. Quale meraviglia non è se qualche volta l’avessero dati veicoli propri di quelle deità, alle quali l’avevano rese simili e l’imperatore Claudio per rendere la sua avola Giulia simile al di Lei marito Augusto le fece decretare nelle pompe un carro simile a quello che questo aveva ottenuto.
Per dimostrare poi che di raro e non savete si sia traviato da “ciocche” scrive Pisisco dell’uso delli detti veicoli, ancorché a taluno possa semprare il contrario per quello gli storici si han scritto e l’antiche medaglie confermano: bisogna riflettere, come molte volte gli storici, più badando alla purità della storia, che al proprio significato di certuni, sovente si sono serviti, di vocaboli generici, o del vocabolo d’un veicolo per un altro consimile: vrerità ben conosciuta dall’eruditi: Dione nel l. 41 presso Ponvinio 3)  dice: «CURRUS» il veicolo di Minerva e Panvinio lo chiama  «Tensa».
Se vogliamo sfuggir “gl’equivoci” dè veicoli che nei rovesci delle medaglie osserviamo coniati, bisogna distinguere, che altri sono pompatici, delli quali io non vi ragiono, e questi io dico che si davano secondo la classe del “divo” o della “diva”, altrui sono espressivi della deificazione, li quali si distinguono o primi per l’epigrafe che vi si legge «Consacra sideribus recepta Aeternitas …… ecc…», tralasciando di parlare di altri veicoli che in vita degli Augusti delle Auguste, in medaglie segli intarsiavano,quelli che sono coniati per esprimere l’apoteosi, e la salita al cielo dell’anime divinizzate, non hanno la proprietà dei pompatici, ma sogliono essere communi ….. divi e a le dive e sono perciò lo più capricciosi; tali sono le bighe di colombi, di cervi, di lioni figura in dorso del pavone del lupo e ciò era perché stimavano la loro Augusta diventata per l’Apoteosi simili a Venere, a Diana, a Cibele, a Giunone, a Iside.

 

Ferculum
Ferculum

 

Biga o Currus
Biga o Currus

 

NOTE a margine della pagina 8 del manoscritto b/473
1-  così ci fa sapere il Panvinio- DE LUD. CIRC. lib. 2- C 17
2-  DE LUD. CIRC. lib. 2- C 7
3-  In C- c. 76
4-  In C. 6
«…..- dice che “Fercula esse pulpita in …. deorum simulacra tolluntur», onde cade la conghiettura (!)
Le parole di Svetonio «…… Thensa et fercii sicuti Deo in circensi pompa…»

 

In ……… abbiamo altri capricciosi rovesci,* cioè una biga di centauri ed altra tirata da un lione, da un cinghiale, guidata da ercole e conduce una vittoria con fiaccola e palma.
Veicoli che alludono alla consacrazione sono in Faustina madre con l’epigrafe «Aeternitas consacratio» per bighe di lioni ed elefanti, come anche in Pertinace e Marciano; tale si è ancora in Faustina figlia la biga delli cavalli coll’epigrafe «Sideribus recepita».
Alcuni delli detti veicoli hanno qualche somiglianza colla “tensa pompatica” ma tensa dir non si deveno, si perché non mostrano i veli coi quali intralciavansi le “tense”, come perché non sono tirati da cavalli e per tal riflesso in sabino di Adriano quel veicolo che “Vaillart”(?)” chiama tensa, io stimo che sia “carpente” perché tirato da mule. Per essere questi veicoli, li quali indicano la consacrazione ben potevano coniarsi a capiceio dagli Triunviri monetali senza alterarsi l’uso dei veicoli pompatici, o diciamo da processione. Pastocchè più di raro di quello, che a taluni sembrava, si è deviato dall’uso degli veicoli, i quali il Pisisco diceva essersi usati dalle differenti classi degli dei nelle “processioni circensi”

* rovesci (?) = (da “gravesco-is-ère= perder pregio )” non pregiati, scadenti.

Siasi però come si voglia che più o men di raro venghi dato il carro pompatici proprio dalli divi augusti, alle dive Auguste, o a deità maggiori; e la tensa propria della deità maggiori alle dive o divi Augusti, il carpento” solamente, che si è il terzo dei veicoli pompatici non lo ritrovo dato se non alle dive auguste e nelle medaglie di questa unicamente si osserva; quindi dovemo dire che competeva solamente alle dette dive; non ostando che talvolta a qualche una di esse per maggior fasto, ed onore, se le fusse dato più specioso veicolo, come di Giulia Augusta si è detto. Perciò volendo formar sistema dell’uso del “carpento” e del suo significato nelle medaglie, ch’è l’argomento della presente dissertazione, dico che il “carpento” era un sacro veicolo addatto a condurre nelle processioni circensi, e simile pubbliche funzioni le imagini delle sole donne dell’Imperial famiglia dive. Onde ritrovando impresso il carpento in medaglia, significa che colei alla quale la medaglia è dedicata godeva come diva l’onore de essere condotta nelle Pompe tra le altre deità. Vi ha(?) opinione che talvolta dovendosi trasportare le ceneri delle dive Auguste anche dai “carpenti” si conducessero (fussero trasportate).
Stimo dalle addotte ragioni, ed autorità, che posso almen come probabile ammettersi questo sistema, ma credo di confirmarlo tale con altre riflessioni. Che il “carpento” si usasse a condurre le imagini delle Auguste nelle Pompe, si è mostrato ad evidenza coll’autorità di Isidoro e di Svetonio: che si dasse alla dive ….. che chiaro aparisca dal detto sinora, si considera (?) col fatto. Nel tempo da me prefisso ritrovo dato il “carpento” a Siria Donsilla ad Antonia, a Domitilla (sia la moglie o figlia di Vespasiano ambedue di tal nome) a Giulia, figliuola di Tito, a Marciana, a Sabina di Adriano, a Faustina “Madre, a Giulia Pia: tutte dette Auguste, ebbero l’onor di diva, come chiaramente appare a chiunque le di loro medaglie si osservasse, quali per brevità non trascrivo.
Lo scabroso dell’argomento se si dasse il “carpento” alle sole dive o pure per grande onore dasse anche a chi diva non fosse.  In appresso mostrerò che a tutte quelle alle quali il carpento vien dato, per autentica di medaglia, o di scrittore, avessero avuto l’onor di Diva, e che perciò a sole dive si dava e che così andasse la bisogna.
Siccosì è detto, riflettiamo a ciò che dice Tacito 1)  parlando di Agrippina di Claudio «Suum quoche fastigium Agrippina altius expeller, carpento Capitolium ingredi …» Se parla Tacito di una imperadrice, ed ammiro, che innalzò questa la sua condizione usando il carpento, chi mai esservi potea più grande dell’ìmperio, che di tale onore degno fusse stato?
1) Annales
2) De lud circ. l. 2-c 7
Se dunque Agrippina non viene riputata meritevole del Carpento, certo a niuna per quande che fusse, tale onore potè concedersi.
Onde, devesi dire che non la nobiltà, non l’altezza di stato, ma il titolo di Diva si ricercava per concedersi il Carpento e che perciò alle sole dive spettasse.
Essendo colleghi nell’Imperio Puppieno e Baldino, fu la prima volta …….. venne nell’istesso conceduto il “Pontificato Massimo; dato una volta codesto esempio., innappresso, , essendovi dai colleghi, Imperatori tutti nel tempo stesso pretesero l’onore del “Pontificato Massimo”.
Quindi è che, se ad Imperatrice, o donna d’imperial famiglia non “diva”, dato si fusse l’onore del “Carpento”, potea più impedirsi che l’altre ancora in appresso non l’avessero avuto con loro pregiudizio? Il fasto nei grandi, specialmente in quel tempo, era eccessivo, siccome altresì grande era la cupidigia dè titoli, e nouvi onori: e ben si riconobbero gli Mperadori esser avidi di ogni sorta di titolo, che l’onorate cariche della Città di Roma potevano lor conferire; solamente le Auguste doveano essere così discrete, che l’onore ad altra simile conceduto per se stesse non dimandassero?
Chi pensa che per mancar di grand’onore si desse talvolta il Carpento a chi Diva non era deve riflettere se detto veicolo era destinato per dive o no: se destinato, mai poteva spettare a chi diva non era senza profanarsene l’uso; se a dive destinato non era, tutte l’imperadrici l’avrebbero ottenuto.
Il Panvinio descrivendo con tutta la possibile esattezza la «pompa circense» e ponendocela sotto l’occhio con figure al naturale, ci mostra che tutti quelli li quali v’intervenivano andavano a piè anche l’Imperadore o altro supremo “Magistrato” quali vi presedeva, cavalcava la nobile “Gioventù Romana ed altri destinati alli giochi, com’anche le quattro fazioni, e talvolta di quadriglie, usavansi in detta pompa anche li carri «Armamaxa»* ch’andavano carichi di corone d’oro, ……….. , e spoglie degli Augusti Divi e vi andavano le “tense”, i Carpenti ed li carri pompatici nelli quali veicoli altri non vi si conduceano che le imagini di varia classe di deità e se li scrittori vogliono che nelli Carpenti vi si conducevano le imagini delle Auguste, queste dovevano essere necessariamente Dive ……… né(i) circensi altre imagini nelli veicoli non si adducevano che delli Dive.
Perciò, io son del parere che decretandosi ad una Augusta il carpento per le “pompe circensi”, ciò era lo stesso che dichiararla “Diva”; Poiché la vite era ….. prima del Centurione, portando egli un bastone di vite da Spanziano(?) 1)  «vite donari» sia lo stesso che …… Centurione; onde il decretare e il dare ad una defunta Imperadrice il Carpento (come spesso si legge in Svetonio, ed altri scrittori); deve esservi una formula, che anche non essendoci, la «dichiara» per Diva. In fatti la toga perché era veste propria dè Cittadini romani ….. 2)  pone assolutamente il vocabolo «togatus» per esprimere il “ Cittadino romano”.  Similmente la tunica «laticlavio»** era dei “Senatori”, l’«Angustoclavio» deglì «Equiti», perciò appo molti scrittori si nomina semplicemente il «laticlavio»
o l’«Angustoclavio» per denotare l’ordine senatorio o l’equestre. Perché poi ponendosi il Carpento, quale il veicolo delle Dive non si hà la deitài di quella a cui si dà?
Il cavalier Francesco Mezzabarba è nel sentimento, che a sole “dive” spettava il Carpento; come chiaramente scrive dopo aver notato 3) la medaglia di Livia con cruento nell’aggiunta delle medaglie alla raccolta di Occone (?): «Carpentum erat vehiculum quo circensi pompa deorum tantum (tanti dei, da “tantus” – Calonghi), ac semideorum quorum anime in coelum erant imagines amulabus (?) prohebautur» Con sua (?) poca però detto erudito Cavaliere dovea togliere quel «Deorum», quali certamente intendeva per li “dei maggiori, li quali avevan la tensa ed il Fercolo per veicolo; e quel «semideorum»  per li quali s’intendono li dei minori, anche da Cicerone 4)  così detti, doveva restringerli alle sole “Dive”, tantopiù che esso nella sua grande raccolta in medaglie delle sole “Auguste dive” nota il Carpento come nell’Augusti divi il carro d’elefanti, quale diciamo pompatici. Neppur dovea aggiungere: “quorum anime in coelum erant” mentre il medesimo, fra le altre, rapporta medaglie di Livia con il Carpento, quale segna la “Potestà tribunizia” XXIV di Tiberio, val quanto dire più anni prima della morte di Livia, è vero che il Carpento dinota divinità in chi l’ottenne, però il «diva» non non solo davasi a Dufonte (?) Consacrate, morte ? ma anche fu solito darsi in vita, sebbene impropriamente.
1) Adr. 2.12
2) ?, 2
3) Sol. 53
4) L. 2 – de legib.
Forse il Cavaliere scrittore badò alla proprietà delle “dive” ed al “commura”, e proprio uso del Carpento.
Competeva dunque il Carpento alle sole dive; né altro, che sovente si dà al Carpento con titolo di Diva non vi si legga; imperciocche abbiamo medaglia con il Carpento di Domitilla e che davasi a chi certamente era “diva”, ancorche il Divo si taccia Vespasiano nella sua vita privata ebbe per moglie Domitilla, quale li morì prima che fusse assunto all’Impero; onde in vita non potè ella aver medaglie. Morto Vespasiano, regnando Tito, questo deificò il Padre, e la madre, le diloro medaglie con il Divo, e Diva lo rendono incontrastabile: tra le medaglie di questo una ne conservo con il Carpento, ed iscrizione: «MEMORIAE DOMITILLE S.P.Q.R.» e dall’altra parte nel mezzo «S.C.» nel giro «IMP.T. CAES. DIV. VESP. T. AVG. P. M. TR. P.P.P. COS. VII.» Se nella medaglia di Domitilla certamente “Diva”, il “Divo” non si esprime «y» Carpento veicolo “sacro” proprio delle dive, bastava solamente “Diva”.
Avemo grand’obbligo a scrittori, li quali nelle di loro storie ci fan palesi i fatti antichi, maggiori però n’abbiamo alle medaglie, poicchè molte cose da essi o tralasciate o non sapute, con documenti veridici ci palesano: non ce l’avessero palesate? Medaglia di Comodo con epigrafe nel rovescio «LIBERI AUG.» rapportata dal Sponemio (?!) f. 639 ci assicura che Comodo ebbe figli e gli istorici non ne parlano; abbia ….. nelle medaglie dà quali gli istorici non fan menzione.
Avemo veduto Domitilla Diva, e Svetonio, minuto* storico di quei tempi non la nominà. Potrà del pari essere accaduto che qualche altra donna Imperiale avesse avuto l’onore di “Diva” e gli istorici hanno trascurato di registrarlo.
Onde non deve ricavarsi esersi dato per un grande onore il «Carpento» ad Imperadrice che “diva” non era, perché la consacrazione della medesima ci sia ignota; e se più fede devono dare alli vivi testimoni delle medaglie, che alli morti dei libri, anzi dovemo tener per “dive” una donna Imperiale” perché ha medaglia con il Carpento, che negarla tale perché gli scrittori non parlano della sua “Apoteosi”.
Stimo aver ben dilucidato, ch’l Carpento alle sole “dive” si dava; anzi mi persuado aver mostrato che il solo Carpento coniato in medaglia basti significare “diva” l’Imperadrice, alla quale si è conceduto.
Contuttociò per aggiungere maggior forza all’argomento mi industrierò far vedere, che a tutte quelle imperadrici, alle quali il Carpento vien dato aveano già l’onor di diva. Bisogna però in aiuto del nuovonassunto, espore come, e per decreto di chi, tale onore si ottenesse. La maniera ordinaria colla quale l’onor di “diva” ottenevasi, era l’ ”Apoteosi,” cioè la deificazione, o sia “Consacrazione”, come può leggersi in Prodiano 1) il quale a pieno ne descrive il rito, come altresì  Bernardini Reatini (?) 2)   Panvinio 3) Chirkemando 4)  ed altri. Tra Romani Imperadori; Ottaviano fu il primo che consacrò Cesare. Onde M. Manil. 5)  scrive dell’Ottaviano
«IAM FECIT IPSE, MITTITQUE AD SIDERA NUMEN = MA JUS…….. AUGUSTO CRESCIT SUB PRINCIPE COELUM».
1) l. 4 festas Rom (?)
2) Annot. in varia scriptor. l.  2. C. 16 (?)
3) In Commestor. l. 2.
4) De funer. Roman l. 4. C. 13 ( ?)
5) l. Astronomic. 9 e 8 ( ?)
Da Ottaviano impararono i successori a fare il medesimo, come si ricava da .........  Prima però fra (i) Romani fu …. Romolo, il che si hà da Plinio ……. Roma però era più antico sino a tempi dell’ebrei (?) a ….. diva che …… coll’idola……. Che confaceva «ommes Dij ……. Non quidam publica modo, sed ad ……. Unìcuìque ……»,
I Romani, però, a misura delle vaste idee, che la di loro grandezza …….. cercavano di ingrandire con fasto meraviglioso la cerimonia della detta consacrazione, la quale a tempi di Antonino Pio si rese nel sommo grado magnifica introducendosi l’uso della maestosa pira quadrata la quale la prima volta nelle sue medaglie si vede.
Nella decadenza, poi, dell’Imperio cominciò a rendere meno fastosa la cerimonia, e sebbene sino ai tempi di …… fosse durato il costume di «deificare l’Imperadori, la di costori consacrazione …. Altro non è che una nuova pubblica acclamazione, come abbiamo appo …….. !
Per eseguire con fasto l’Apoteosi, erigevano nel Campo Marzio un sontuoso rogo, o sia spira, ove otto giorni dopo la morte di chi doveva deificarsi, portavasi a ….. il cadavere con pompa solenne usando negli otto dì antecedenti molta vena (?) a magnifiche cerimonie; questa era la pubblica e solenne consacrazione descritta da Eradiano (?) e tramandata a noi nelle medaglie, le quali nel dritto ci mostrano le gesta del Divo, o Diva, nel rovescio, con la parola «consacratis» AETERNITAS, sideribus, …… se, il Rogo o Pira ….. e al volo un segno apostrofo !) Aquila o un Pavone, quando ………… , a  quando con una figura in dosso, od altre volte certe capricciose bighe che conducono l’anima “degli” deificati al Cielo ……. vedono.
Ma gli Romani, li quali dall’altre Nazioni avevano appreso il Consacrare, ne imitare ancora la diversità in eseguirla e come queste……. .
La pubblica e solenne consacrazione ammettevano altresì la privata a la meno solenne, così quelli avevano la meno solenne o privata.
Per privata consacrazione non intendo quella fatta da privata persona, come in Pisisco n’abbiamo l’esempi di Carina e Polla le quali per «dei» adorarono li loro morti mariti; ma intendo per privata «consacrazione» quella che si faceva con meno fasto, senza fregiarsi la pira, ma per semplice decreto, per una ……….. acclamazione, o per  …….. o con decretare vincoli appropriati alla deità con onori divini.
Né di tal privata Apoteosi poteva …….  a meno poiché accadevano delle consacrazioni molto tempo dopo della morte di chi volevasi deificare a le formalità, che o precedevano, o accompagnavano la consacrazione con pira, non potean situarsi fra l’altro quella di GERMANICO, rapportata da Tacito3) , quella di …….. ……. , a cui furono eretti altari e dati altri onori divini, ma non si legge che fosse consacrato con pira; in Svetonio 4)  il quale anche fa menzione di quella di ANTONIA 5) e di BRITANNICO 6).

Anche privata dovette essere la consacrazione di Domitilla della quale Svetonio non fa parola .. T …… sapio l’altra …… privata consacrazione vi era il …… modo, col quale anche senza consacrazione il titolo di Divo davasi ancora in vita a taluno per vera ma, a “cagion” di venderlo cercava di ottenere in vita què onori che a Dij si facevano.
Alessandro Macedone pretese in Atene esser deificato in vita, vi si opposero per qualche tempo i Greci, ma impegnato egli più  nella sua pretensione, alla ….. soggiogata la Persia e sconfitto Dario ……. I Lacedemoni come rapporta …… 1) i quali decretarono: «quoniqm Alexander ……. , esse Deus, esto Deus. E riferisce il medesimo 2) che Olimpia disse al figlioccio Alessandro: «O fili, tu cum ……. locari volueris et id perficere summo studio conatus sisi, nunc re qua illorum quidam, quorum omni mortalibus …… equale (?) ne par jus esse (?), participi fieri potes, ……. Simul ex sepultura».
Ma veniamo à Romani.
La grande ambizione di Giulio Cesare, e l’adulazione dè sudditi ( li quali per rendere gloriosa la loro servitù attribuirono a Principi ambiziosi e noti ……. ) furono cagione che il medesimo fusse riconosciuto non solo per il più alto e più potente, Principe, ma anche la “Deità” lui fusse attribuito come disse Svetonio 3) , il quale dopo aver annotati sul …. Tutti i titoli, e dignità, che come non aveva potuto ottenere, soggiunge: « …. sed ampliora etiam summo fastigio decenti (?) sibi passus est sedem auream in curia ac pro (?) tribunali, tantam ac ferculum circensi pompa, templa, Aras simulacra juxta Deos, Pulvinar, Flamine, Lupercos, etc.»

1)    lett. Variae, lipart. ??
2)    l. g. 37
3)    nota illegibile
L’istesso scrisse …… 4)   «statuam quoque tunc eburneam Caesaris, ac post …… in circensibus pompis cum Deorum simulacris ……….. jusserunt, aliamque imaginem cum inscriptione “DEI INVICTI” in foro qui viri posuerunt ……… sa che non solo l’Imperadori, ma anche i Favoriti e i Proconsoli ebbero onori di Deità. A Sojano favorito di Tiberio offerivansi sacrificj in vita.
A Proconsoli nella Provincia eregevansi statue, inalzavansi templi, ….. si decretavano. Si rapporta da Svetonio in ……… e da Tacito in Tiber.: quindi , rifletteva il Rosino (?), f. 56, «..hoc ritum derivatum, ne ……. Pro Dij vivos colerent, Deosque appellarent … ».
Ottaviano……… vita ebbe in vita il titolo di “Divo” . Virgilio 5)  dicendo d’esso: « …. Namque ….. illa mihi …. Deus»; soggiunge Servio: «Sempre ….. post mortem, ac dum vivit.» Appiano Alessandrino 6) disse ad Augusto: «… vivens, ridens, que consacratus, ac Augustus a populo dìctus. E Tacito, scrivendo di Augusto: « ….. Augustum primum specie numunis coli evoluisse: (commentato dal Rosario (?) –vol. 47. ….. «… ….. additis simulacro pro hasta (?) et fulmina».
In differenti rovesci di medaglie dell’imperador Trajano colla nota del suo terzo consolato che cade nell’anno CENTESIMO del Signore, trovasi inscrizioni d’intorno la sua testa col titolo di «Divo», onde si fa (!!!) chiaro che anche in vita dovett’egli avere cotal titolo; conciosiachè sebbene fusse consacrato dopo morte, ciò accadde però nell’anno centodiciassette dappoicchè aveva già esercitato il suo consolato.
Svetonio di Caligola scrive, che questo fussesi fatto in vita adorare per «Dio»… … attesta  il simile di Nerone; e Svetonio di Domiziano:
«……arrogantia, cum procuratorum quorum nomina formalem dictavat aepistolam sic coepit: «DOMINUS; AC DEUS NOSTER SIC FIERI IUBET …….. INSTITUTUM ………. Ut ne scripto quidam autsermone cuiusquam appellatae sunt aliter»; e pure la divinità di questi trà (?) ultimi imperador terminò
in………………………………………………………………………………………………….. illeggibile………………………………………………………………..

   ............................ O M I S S I S ............................

                      Pagina interamente illegibile

    ............................................................................................................

 

Aureliano anche vivente ebbe titolo nelle medaglie di «Deus ac Dominus noster», come parimenti leggiamo in quelli di Caio: «Deo ac Domino Caio Augusto».
In tre modi adunque il titolo, ad …… di Divo si otteneva, o con Pubblica e Slenne Apoteosi; o con Privata Consacrazione, la quale per lo più si ……. Dopo lungo tempo …… era sotterra … il defunto, che doveva consumarsi (?); o finalmente coll’arogarsi iltitolo di «Divo» anche in vita; a questo terzo modo …… meno che gl’altri (!!) ……costimano ……nell’Augusta, come farò vedere parlando ora per ordine di chi le “Deificazioni” si celebravano e da chi l’onore del titolo di Divo o Diva ottenuto si fusse.
Eusebio, parlando delle Consacrazioni degli Imperadori, e della loro Augusta «………autoritate ….. pares quem ejus rei fucerit arbritium ….. cum lex vatris (?) obtineret, nominem Romae ........... Senatus , »; tale autorità del Senato nel dar ..... la deificazione ricavasi altresì da varj luoghi di Giulio Capitolino; nelle vita di Antonino Pio, scrive che questo intercedè dal Senato la consacrazione della Defunta Faustina sua moglie:
« …… terzio anno imperiis sui Faustinam uxorem perdidit, quae a Senatur consacrata est …»  parlando poi dell’Apoteosi di Atonino     Pio, dice: «…. Cum jucunditate a Senatur Divus appellatus est»  il medesimo fa menzione in Marco Aurelio: «….. deinde eum (!) gratis agers Senati quod Frotiam consacrasset» Svetonio ci manifesta la medesima autorità del Senato per decreto del quale Caligola ottenne gli onori divini pella sua avola Atonia; e che Tiberio Claudio «curavit» l’Apoteosi di Livia. E’  questa, credo essere, la ragione perché nella medaglia co’ carpenti, e carri pompatici siccome a quelli che dimostravano divinità, fu apposto sempre per titolo «S.P.Q.R.». Qui è da riflettersi se veramente il Popolo Romano avesse parte co’ suoi suffragi in tali decreti.  …….. Appiano Alessandrino, poc’anzi (!) citato disse:
«videasque consacratus ac Augustus a Populo  ……»; onde sia una formula colla quale venga a …….., che il popolo non già immediatamente da sé, una per mezzo del Senato nelle ….. di Deificazione concorresse col suo suffragio: «… Senatus compulsum est» AFFERMOLLO IL ROSINO (?), «quod Senatus faber atque constituit; nam cum ……… Populus Romanus in unum modum, ut difficile esse ( ?) in unum convocari legis ………… ………… , Senatum …… Populi consuli» cosa per altro appo i (!) scrittori notissima  …… esaminando una medaglia di Maetiro (?) ch’ha nel rovescio un tipo di consacrazione, pensa, che anche i soldati talvolta avessero avuta parte nelle consacrazioni degli Augusti; l’insolenza (?) militare che spesso …… ad eleggere gli Augusti; potè ancora acclamando a Divi qualche volta, ma non leggo ch’avrebbero (!) l’autorità di farlo.
#) : (non trovata) ” si vede che voleva …… , abbia avuto parte il Senato col Popolo. Crederli però nullameno che il P.Q. – populusque ……
1)    illeg.
2)    Illeg.
3)    In calig. 8-13
4)    3° Claud
5)    illeg.
I soldati di Domiziano si che pretesero di deificarlo, ma non lo riuscì loro consacrarlo avendo che il P.Q. fu ….. titolo che si apponeva nella medaglia con carpenti carri, perché questi dimostravano divinità; e considerando che nella medaglia con rovesci di consacrazione si appone per lappiù (!), o sempre, solamente S.C., conghietturo, che il decantare il carpento, o carro pompatici, erauna cosa di giù sopra la deificazione, mentre in questa altro non si faceva che dichiarare Divo o Diva un Augusto o Augusta, ma in decretarli carri popmatici e carpenti era un oblicar il Popolo a riconoscerli per tali, mentre come Dei dovevano condurli nella Pompa; e perciò nel decretare l’Apoteosi bastava il consenso del Senato, ma nel darli vaicolo nella Pompa vi bisognava il consenso di tutto il Popolo.
Ciò però detto sia per una mera mia conghiettura.
Ma non sempre il Senato fu dispotico degli decreti di consacrazione, mentre crescendo poscia l’autorità negl’Imperadori, la quale quella del Senato ben sovente suppeditava da se stessi talora deliberavano l’apoteosi, quale altre volte dal Senato dimandata avevano, per i loro defanti (!). Ocone (?) scrisse, che Caligola decretò l’Apoteosi alla sua sorella Drosilla. Il Pisisco (?) citando Erodiano (?), attestò :
«Quamplures, est Nerva Commodos, Pertinax o Trajano, et Severo …….. a Senatu consacrati sunt». Onde purtroppo manifesto si rende, che dal Senato di Roma, talvolta, altre fiate dagli Augusti, le Apoteosi venivano decretate. Né sarà fuor di ragione il credere che i medesimi come Pontefici Massimi molta parte avessero avuti nei decreti di consacrazione.
Infatti Tito Livio 2) in trattando dell’autorità del  Pontefice Massimo disse: «non ….. modo coerimonias, sed justa quoque funebria idem Pontifex edocert …»; avendo ancor’egli(!) poco prima su questo particolare attestato che  «… coetera quoque omnia  biblica, privataque sacra, Pontificis …… subiecit».  E questa dignità dopo Augusto ebbero tutti gli altri Imperadori(!) sino al Gran Costantino; e gli altri Cesari Cristiani, li quali sino à tempi di ….. la tollerarono, proibito però d’indi in poi il titolo improprio di Pontefice Massimo ai suoi Augusti successori al rapporto di Zosimo.
Avendo adunque veduto come, in quante maniere, e per ordine di chi le deificazioni si celebravano, mi sembra che tutte le Auguste, e le donne d’Imperial famiglia, alle quali il carpento fu dato, avessero avuto in una delle cennate maniere il titolo di Diva, decretatosi dal Senato, o dagli Augusti; e perciò restava nel suo vigore anche per questo capo il sistema che’l carpento alle sole donne si dava; e tralasciando di parlar del carpento dato a quelle donne imperiali, le quali con chiarezza i (!) scrittori, o altre loro medaglie manifestano per Diva, parlerò solamente di certe poche, delle quali essendo la Deificazione dubbiosa han peraltro, il Carpento.
Livia Drosilla, detta anche Giulia Augusta, per l’adozzione (!) ottenuta dal suo marito Augusto, ha la medaglia nella di cui superior parte ha ……. Il Carpento, e vi si legge: «S.P.Q.R. JULIAE AUGUSTAE» e nel rovescio «S.C. II ….. DIVI AUG. T. AUGUST. P.M. TR. PXXI». Ma in altra consimile medaglia che solamente varia dalla prima perciocché segna (?) la tribuneria (?) …….. di Tiberio XXXIV Dalle quali medaglie sembra assai chiara cosa che fosse dato il Carpento a Giulia in tempo che anche Diva non era. Conciosiacchè la prima fu batuta nell’anno  XXII del Signore in cui cade la Tribunizia ….. di Tiberio XXIV, cioè circa sett’anni prima della morte di Livia ed allora non poteva certamente essere, consacrata; la seconda Diva fu battuta nell’anno XXXII, in cui  cadde la Tribunizia ….. XXXIV di tberio, cioè tre anni dopo la morte di Livia a …… per allora era stata consacrata.
Poiché Claudio fu quello che deificò Livia, sua Avola come abbiamo da Diona 1)  Aviano «….. Liviam …. Hum honorem et immortalatati adservit (?) dedicavitque opus effigiem tempio Augusti et rem sacram ei fieri a Vestalibus …» abbiamo nei chiarissimi documenti che Tiberio……………………OMISSIS
Fu Livia donna di alto affare, ed operò vivendo Augusto suo marito ed in tempo di Tiberio di lei figliuolo quello che a grande, magnanima e prudente sovrana era convenevolo; (!) alla madre, amata dal suo marito e stimata assai dal Senato pei benefizj che poi per suo mezzo ricevea da Augusto il quale con affari ancor …… del di eli consiglio…….. .
Il Senato …….. al dedicarle un ….. nella sua adozzione come lo narra Tacito  la Dea …….. , diventa Augusto, il titolo di Divo, se dobbiamo prestar fede all’Angeloni (?) nella spiega che fa di due medaglie consimili di Giulia, in ambedue delle quali ….. la testa di Augusto con corona maggiore, senza ne il solito fulmine, ne la stella con la iscrizione «DIVUS AUGUSTUS» da una parte e dall’altra la testa di Giulia, o divina Livia con l’inscrizione «DIVA AUGUSTO» in una medaglia però vedesi …… , nell’altra …….. di volto: nondimeno (son le parole del suddetto scrittore (Io (1) (3) qui fedelmente riportate,) così …… come il nuovo (?) si dimostrano nella stessa medaglia di Augusto annoverato nell’inni (?) frà (!), loro Divi o poco da poi ed in cui il nome reverendo di Augusto …… , ne lo concedè essendo solo alla moglie Livia, …… come elfi con insegna di Divo, così Livia onorasse il Senato in detta medaglia di un cotal titolo. Ma più mi conferma d’essere stata battuta, in vita d’amendue il vedersi nella seconda medaglia la testa di Livia discoperta affatto(?) e che il sembiante è di giovanetta: altrocchè la materia, o maniera dell’artefice, e che la fabbricò amendue, è più conforme a quella usata vivente Augusto, che all’altre posteriori; sin qui l’Angeloni …… considerò che nella serie delle medaglie di Giulia stava in Roma in suo onore battuta, la maggior parte ritrovansi col titolo di «DIVA»; ed essendo così, o dovemo dire ch’ebbe alle pochissime medaglie coniatole in tempo di Augusto, il che non è verisimile, o che l’ebbe col titolo di  «DIVA» e per ciò anche vivente ebbe tal titolo.
Io poscia dissi poc’anzi che nelle due medaglie di Giulia à lati della testa di Augusto non eravi né il fulmine, ne la stella, ciò non lo dissi in …….
Che fussero state quelle coniate in vita, e non dopo la morte di OTTAVIANO. Ciò che taluno crede che par distinguere dalla medaglia di Augusto con il «DIVUS» quali fussero battute in vita e quali dopo morte (mentre si dava …….. che n’ebbe in vita col «DIVUS» si ………. Ebbe detto titolo in vita …….. com’anche perché assai più se ne trovano col titolo di «DIVUS» che senza di esso; ne è da credersi che più se ne facessero coniare col suo volto da ……. di quella che in quarantaquattr’anni del suo Imperio fussero state battute) ……… che quelle di ritrovasi col fulmine, e colla stella fussero dopo la di lui morte coniate; e quelle che senza cotali segni battute veggonsi, fussero state fatte in sua vita: poiché siccome di sopra si è trovato nel Rosino (!?) davanti alla statua di Augusto anche vivente la corona raggiante l’asta e il fulmine …… Servio in commentando il verso 681 dell’Eneide, soggiunge: «… ipsa ….. Augustus in honorem patris Augusti stellem in galeam coepit habere lapidem …» onde se in vita ad Augusto devesi il fulmine, e la stella, e da credersi che per adularlo anche nelle medaglie coniava in sua vita il fulmine, e la stella, vi si potessero segnare.
Ad altri distintivi fa bisogno però, ricorrere, fra quali le azioni, che nei rovesci vengono espresse.
Ritorniamo a Livia; costei, vivente Augusto, certamente aver dovette l’onore di “Diva” onde ben gli conveniva il Carpento, siccome fu …… asservito (?). Anzi da monetali furono in di lei onore anche Livia vivente ….. coniate più monete …… di ciò dato fusse il Carpento, dimostrasi ……da un nome di Tiberio colla già notata «tribunizia potestà XXIV» ……. Trovarsi mentre in testa si rappresenta, secondo l’opinione di un Antiquario, Giulia, tre il sembiante di deità, main una della Dea salute coll’epigrafe «SALUS AUGUSTA», nella seconda della giustizia con «IUSTITIA»; nelle terza della pietà con « PIETAS AUGUSTA» a cagion della retta giustizia amministrativa da Giulia, della Pietà verso i sudditi con sovvenirli nella bisogna loro col datare povere donzelle nubili, con …… più volte ….. di persone agli incendi; e della salute procurata loro col perdono a rei chi avevano cospirato contro lo stesso Augusto.
Avvertendo …… che nelle due medaglie di «PIETAS ET IUSTIZIA» la testa vedesi con diadema, ragion per cui a evidenza dimostrasi, ch’era venerata per «Diva», poiché il diadema al sentimento (!) dei dotti Antiquari è attributo di divinità.
Se dunque in vita ebbe l’onor di Diva, potè anche avere il Carpento e se Domiziano in vita avendo l’onor di «Divo» (quale dopo morte li fù (!) negato) ottenne che la sua statua fosse condotta nelle pompe circensi 1) , anche Giulia in vita dovette avere l’istesso onore.
Quanto pi alla medaglia battuta tre anni dopo sua morte, la quale vien segnata con la «Tribunizia» Podestà XXXIV di Tiberio, ben gli stava il Carpento, poiché anch’in vita l’aveva ella ottenuto, ed allora altro non si facea se non che restituirsene la memoria. Inoltre ancorché per il divieto di Tiberio non fusse stata “consacrata ella colla pubblica solennità della «pira» ……ben lo fu privatamente; proibì quel sovrano al Senato la consacrazione poiché il di lei cadavere era di già sepolto, dunque è da supporsi che già il Senato l’avea decretata la sua deificazione, e Tberio, a cui ciò dispiaceva, ne impedì l’esecuzione, e basta quel decreto a dichiararla consacrata privatamente: «coelestam religionem parlam(?) prohibuit» per conseguenza ebbe egli rato, che fusse «DIVA»; dispiacevoli solamente il pubblico culto che colla «Pira», e colle flamini si acquistava. E Tacito affermò aver diminuito Tiberio, non già aboliti gli onori conceduti dal Senato a Livia defunta.
Dalle quali ………… si ricava, che Tiberio poiché la consacrazione pubblica, e solenne con la xpira non già la privata, che come tant’altre anche a Silvia bastava per conservarla Diva sebben morta, e farla meritevole de Carpento, e del divin culto, siccome con altre esser vediamo accaduto, che non tutte colla pubblicità della « pira» si consacravano.
Claudio, di poi (al parlar di Svetonio) aggiunge i divini onori della sua Avola Livia, e rese pubblico il dì di lei culto con stabilirle le Flamini, Tempij e simili divini onori.
Né deve presumersi, che se Claudio la consacrò non era ella Diva.
Imperciocchè Augusto, Trajano ed altri furono delli Divi anche in vita e poscia consacrati dopo lor morte; All’incontro Domiziano, Caligola, ed altri ebbero trattamento  di Divi in vita, e poi morirono vituperosamente, non che deificati dopo la di lor morte. Dunque potevasi aver l’onor di Diva in vita ed esserci o no la deificazione dopo la morte.

 

NOTE a margine della pagina 25 del manoscritto b/473
Una medaglia che nel dritto ha una testa …… e ne rovescio una donzella alata che sostiene uno scudo ai dell….  .

 

La medaglia è dellImperador Traiano dimostrandola tale l’effigie della testa, e l’iscrizione ancorché non si legga, è: «IMP. CAES. NERVA TRAJAN. AUG. GERM. P.M.» cioè «Imperator Caesar Nerva Traianus Augustus Germanicus Pontificex Maximus», come chiaramente si legge in una consimile medaglia del medesimo Imperatore. Nel rovescio
vi è una vittoria alata dalla cui destra pende uno scudo in mezzo del quale vi sono le lettere iniziali S.P.Q.R. cioè «Senatus Populus Que Roomanus» dal giro l’iscrizione è «TR. POT. COS. II. P. P.» coè «Tribunizia Potestatis Consul Secundium (?) Pater Patrie»; nel mezzo vi è un «S» e u «C» solita marca che nelle medaglie di rame in Roma cuneate si osserva, e ch edinota essersi la medaglia zeccata per decreto del Senato. Il tutto si dilucida dalla consimile medaglia ben conservata. Questa medaglia si annovera fra le ……. …… di Do Imperatore: fu coniata nell’anno di Roma 851 (?) cioè nel 98 di Gesucristo (?): mentre in quest’anno Traiano fu console per la seconda volta; è fu (?) l’anno Primo del Suo Imperio, essendo morto a 28 di febraio(?) di dett’anno l’Imperadore Nerva.
Se intagar vorremo, i motivi per cui il Senato tal medaglia decretasse in onore di Trajano troveremo che fu per la vittoria ch’ebbe de Pannoni nell …….   ……… da Generale (?!) nella Germania.
? ……. Trajano si partì dalla Germania …… di ritorno a Roma che nel…
Si osserva nel rovescio una donzella alata; in tal forma si figurava la
«vittoria» al parere dell’Arcivescovo di Tarragona (?) Antonio Agostani e d’altri antiquarij se le davan l’ali perché (?) la vittoria deve essere «presta» essendo allora maggiore, perché (!) subito e quasi al volo si manifesta, perché (!) è volubile, dichiarandosi ora per una parte ora per l’opposta. Se le da (!) lo scudo col S.P.Q.R.come se l’aver vittoria od …trofei fusse proprio dè Romani.
Altrimenti che questa medaglia ci additi una «vittoria» ottenuta da Trajano; individuar bisogna quale questa si fusse, essendo che questo valoroso Imperadore (?) per valoe se ne ebbe.
Il soprannome di Germanicus che nel dritto della medaglia al nome di «Cos. II» che nel rovescio a traiano si da (!) ci assicura che sin qui esser essa la vittoria che qust’Imperador ebbe dalli Romani.
Il ……… delli antichi istorici riporta che «Vulpio» Trajano, comandando da Generale l’Armata Romana nella Germania ebbe un’insigne vittoria delli Pannoni, quindi non solo si acquistò il soprannome di «Germanico» ma benanche l’Imperadore Nerva in ….. se il adottò e lo dichiarò suo successore, inviandoli a Colonia le insegne imperiali. Ciò avvenne nel finir d’ottobre dell’anno 97 di Gesucristo, e 850 di Roma.
Trajano fu dichiarato console per la seconda volta nel …. E collega di Nerva che era console per la quarta volta, sebbene questo nel secondo mese del suo quarto se ……. Morisse; né ci fu tempo, né rapporta che Traiano in dett’anno facesse altra spedizione, non che inseguisse vittoria d’altra nazione.
Onde essendo certi che questa medaglia fu coniata nel 98 come ce n’assicura lo Consolato facendo di Trajano, e dandosi per onore al medesimo il soprannome di Germanico con franchezza dir si può che questa sia la vittoria ch’egli ebbe delli Pannoni.
E’ qui da riflettersi che ritrovasi consimile medaglia di Trajano che, segna il suo consolato quarto che cade nell’anno 101 di Gesucristo; e questa dinota la vittoria che ebbe di Dacebolo (?) re dei Daci.
Egli Trajano, essendo console per la terza volta nell’anno 100, fece la spedizione per la guerra dacia, e nell’anno seguente, nel suo quarto consolato vinse Decefalo, e per questa vittoria …forse si riconiò la medaglia tre anni prima battuta in occasione della vittoria dè Pannoni variandosi solamente il suo consolato, che nella vittoria «Dacica» era il quarto. Né questa medaglia, solamente fu coniata in onore di Trajano nella vittoria dacia; ve né una consimile iscrizione, e vi è la Vittoria con una ……. e palma …………con sopra le spoglia dè nemici; ve ne sono altre ben molte, e differenti, una variano nell’iscrizione.

 

NOTA FINALE DELL’AUTORE DEL TESTO SUL MANOSCRITTO b/473
La decriptazione e la relativa stesura in caratteri leggibili del manoscritto b/473 hanno assorbito grandissima parte del nostro tempo e delle nostre energie.
Il risultato conseguito però gratifica in larghissima misura l’impegno, messo in questo studio del testo inedito!
Basti pensare alla grande importanza che il manoscritto rappresenta per l’archeologia maceratese in quanto esso costituisce un ulteriore e incontravertibile documento di conferma, e garanzia di verità e originalità di quanto noi abbiamo sempre sostenuto:
a) MACERATA come nucleo collettivo sede di artigiani e laboratori specializzati, era posizionata nell’area di influenza economico-politico di Capua etrusca-osca-romana, presso la «Porta Atellana»
b) MACERATA è stata sotto l’influenza della civiltà osca, dato che, come vedremo, anche nel nostro dialetto attuale ci sono riscontri etimologici, grafici e sonori della lingua osca.
c) MACERATA è stata (lo è ancora) zona archeologica come certifica il manoscritto e le numerose scoperte archeologiche specie di carattere sepolcrale e funerario*. Come ampliamente dimostrato nel prossimo capitolo sulle «EPIGRAFI», specie quelle funebri.

* Il primo tratto della Via Atellana della «PORTA ATELLANA» fino al tratto finale della zona di «CUZZOLI», era intensamente utilizzato, sia sul lato destro che sul sinistro, come zona (cimiteriale) di sepoltura, come era in uso spesso etruschi, oschi e romani, che tumulavano i propri morti lungo le vie principali che uscivano dalla città e ne testimoniavano la presenza con cippi, lastre, basamenti, statue votive, maosolei o semplici stele con o senza dedica.

 

Capua Antica

Ipotesi di ricostruzione della topografia di Capua Antica

 

S. Maria C.V. e dintorni

Schizzo topografico di S. Maria C.V. e dintorni. La circonferenza maggiore indica l’area di massima espansione di Capua Antica; quella minore l’attuale area urbana di S. Maria C.V.

 

«ESEMPI DI ARREDO VOTIVO»
R. BENASSAI
         
ESEMPI DI ARREDO VOTIVO

ESEMPI DI ARREDO VOTIVO

Le fotografie ed i disegni di questa  pagina sono stati presi da:
«LA PITTURA DEI CAMPANI E  DEI SANNITI» di Rita Benassai da: «Atlante tematico di fotografia antica» Vol.IX

 

GLOSSARIO

MATRES MATUTAE
ARULA
ANTEFISSA
GORGONI
OSCILLA
MORTAIO
CAPITELLO
FIBULA
LEBERTO (in bronzo ?)
CINTURONE (frammenti ?)
ANFORA
IBIS
PELIKE
NAIKE (dea ?) LIBANTE
KYLIKES (attica ?)
OINOCHOE
LEKYTOI
KYLIX
PELIKE
URNA
BALSAMARIO
HYDRIA
VASO buccellato
PYXIS
SITULA
BUCCHERO
BASSORILIEVO
PRESENTATOVI

{LEKYTHOS           a vernice nera
{ASKOS                  Capua in tomba
{LEKANE                cat. C/25

OLLETTA STAMNOIDE
SKYPHOS
CUP-KANTAHAROS
PROTOME (umbilicata)
URCEO
POSSIDE  tipo kemai
OLLA
KALATHISKOS

 

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[5] Vedi cartine seguenti
[6] Capua Antica (e dintorni!) era rinomata per la produzione e lavorazione del bronzo e del rame
[7] Vedi figure similari seguenti
[8] Vedi figura del “bucchero”
[9] Il lettore rifletta sul fatto che la “Croce di San Crispino” coincide con ala zona della Cappella della Madonna delle Grazie, cioè “Santamaria” delle Grazie?!