La cavalcata dei 12 Mesi

CENNI STORICI
DAL <<CALENDARIUM>> ALLA  <<CAVALCATA DEI 12 MESI>>

Dal latino <<caledarium>>, propriamente con il significato di libro dei <<crediti>> i cui interessi scadevano il primo di ogni mese (<<calende>>). L’anno è l’intervallo  base temporale del raggruppamento organico di lunghi intervalli di tempo (determinati attraverso l’osservazione dei fenomeni astronomici) che prendono il nome di <<calendario>>. L’anno era in passato, ed è ora, diviso in frazioni temporali, costituenti 1/12 circa, dette mesi. Secondo una malcerta tradizione il <<calendario primitivo>> di Roma detto calendario <<romulea>> (da Romolo I re di Roma), aveva l’anno di 304 giorni divisi in 10 mesi, con inizio a marzo.

1 - MARTIUS
2 - APRILIS
3 - MAIUS
4 - IUNIUS
5 - ILIUS (QUINTILIS)
6 - AUGUSTUS (SEXTILIS)
7 - SEPTEMBER
8 - OCTOBER
9 - NOVEMBER
10 - DECEMBER

Questa suddivisione dell’anno di 304 giorni, in 10 mesi, con inizio a marzo, in seguito a una prima riforma nell’anno 303 “ab Urbe condita” (450 a.C.), diventò di dodici mesi perchè vennero aggiunti i mesi di gennaio e di febbraio, dopo il mese di dicembre, rispettivamente di 29 e 28 giorni. Tale riforma prevedeva la composizione dell’anno solare in 361 giorni divisi in dodici mesi:

1 - MARZIUS (MARZO)
2 - APRILIS (APRILE)
3 - MAIUS  (MAGGIO)
4 - IUNIUS (GIUGNO)
5 - IULIUS (LUGLIO)
6 - AUGUSTUS (AGOSTO)
7 - SEPTEMBER (SETTEMBRE)
8 - OCTOBER (OTTOBRE)
9 - NOVEMBER (NOVEMBRE)
10 - DECEMBER (DICEMBRE)
11 - IANUARIUS (GENNAIO)
12 - FEBBRUARIUS (FEBBRAIO)

Questa riforma, che prevedeva persino l’uso di un mese aggiuntivo di 27 giorni (mese mercedonio) quando febbraio ne aveva 23 ad anni alterni, duro fino al 707 “ab urbe condita” (46 a.C.). In questo anno, infatti Giulio  Cesare, onde porre termine alle pur dovute modifiche apportate dai “pontifices”, promulgò la riforma preparata dall’astronomo greco-alessandrino Sosigene e il <<Calendarium>> assunse perciò che riguarda i <<mesi>>, l’ordine che segue le relative dediche e significati:

I. IANUARIUS
II. FEBBRUARIUS
III. MARZIUS
IV. APRILIS
V. MAIUS
VI. IUNIUS
VII. IULIUS
VIII. AUGUSTUS
IX. SEPTEMBER
X. OCTOBER
XI. NOVEMBER
XII. DECEMBER

I- da Ianua = porta (dell’anno? Inizio?) – mese sacro della divinità italica giano, alla quale erano consacrati tutti gli inizi in genere: del giorno, dell’anno, di opere, di guerre (il suo tempio, a Roma, era munito di due porte (fine e inizio dell’anno?), chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra.

II-  da febbrualis = la purificatrice (epiteto della dea Giunone). Dedicata infatti a Giunone, era il mese della purificazione, dell’ espiazione perché nella seconda metà di esso di faceva la purificazione dei vivi  e l’espiazione dei defunti alla fine di ogni anno. Ciò perché fino al 450 a.C. (fine del periodo dei “decemviri”) febbraio era considerato l’ultimo mese dell’anno.

III- da MARS – TIS, uno dei <<di consentes>>  (gli dei consiglieri delle dodici divinità  maggiori, che costituivano il supremo consiglio  nell’Olimpo: Iuppiter, Iuno, Vesta, Ceres, Diana, Minerva, Venus, Mars, Mercurius, Neptunus, Vulcanus, Apollo) che governavano gli elementi ed il corso delle stagioni; quindi, secondo la divisione di Romolo (figlio di Marte), l’antico anno romano cominciava col mese di marte. Marzo, appunto.

IV- da APERIRE, aprire, schiudere (cominciare) l’anno, poiché con l’entrar del Sole nel <<TORO>> cominciava per l’agricoltore il nuovo anno. Secondo altri da <<apricitas>> (temperatura mite, clima dolce).

V- da MAIA, antica divinità italica, identificata per la più antica divinità greca MAIA, una delle Pleiadi, madre di Ermete e figlia di Atlante e Pleione.

VI- da IUNIUS (forse?), nome di una importante “gens” romana della quale facevano parte un Lucius Iunius Brutus (che scacciò i re da Roma) e i due M. e D. Iunius  da <<Iuno – anis>> Giunone (la dea figlia di Saturno e sorella e moglie di Giove) che, secondo l’interpretazione naturalistica delle deità romane, era considerata anche come dea regina dell’aria, del cielo, delle stelle, alla quale le donne sacrificavano nel giorno natalizio (compleanno).

VII- da IULIUS, nome patronimico della “gens”  di Cesare Augusto ucciso da Bruto nelle idi di marzo dell’anno 44 a.C.

VIII- da AUGUSTUS, imperatore dei Romani.

IX- da SEPTEM aggettivo numerale cardinale; per indicare il settimo mese dell’anno romano, poi diventato il nono.

X- da OCTO*, aggettivo numerale cardinale; per indicare l’ottavo mese dell’anno romano poi diventato il decimo.

XI- da NOVEMB*, aggettivo numerale cardinale; per indicare il nono mese dell’anno romano poi diventato l’undicesimo come per noi.

XII- da DECEM*, aggettivo numerale cardinale; per indicare il decimo mese dell’anno romano, poi diventato il dodicesimo. In questo mese si festeggiavano i << Saturnali >> spettacoli licenziosi e scurrili.

Nei calendari erano elencati, inoltre, mese per mese, tutti i giorni con le varie indicazioni e ricorrenze:

a) Le lettere “nundinali” (da A ad H, per segnare i giorni del mercato, che avveniva ogni 7 giorni);
b) Le sigle di <<giorno fasto>>, <<giorno nefasto>> e <<giorno endoterciso>>(cioè nefasto solo la mattina e la sera);
c) Le sigle delle <<calendae>> per le scadenze e gli inizi di cose pubbliche;
d) L’indicazione delle <<nonae>> e delle <<indus>>;
e) Le iscrizioni dei <<Ferialia>> (elenchi delle feste nel mese);
f) Le indicazioni agiografiche rustiche (dediche a deità campestri e numi tutelari minori);
g) Feste, cerimonie religiose e ricorrenze tradizionali.

IL CALENDARIO

Calendae = il 1° giorno del mese

Nonae = il quinto giorno di tutti i mesi tranne Marzo, Maggio, Luglio, ottobre in cui è il settimo perché erano sempre il nono giorno prima delle idi, comprese queste.

Idus = il 15 nei mesi di Marzo, Maggio, Luglio, Ottobre.

Il 13 nei mesi di Gennaio, Febbraio, Aprile, Giugno, Agosto, Settembre, Novembre, Dicembre.

I riferimenti religiosi e mitologici nei <<mesi>>, che formavano l’anno romano, erano frammisti ai riferimenti meteorologici e climatici, fisici e naturalistici, che portavano il popolo a “personificare” e identificare i mesi dell’anno con muse, dei, ninfe o numi protettori o tutelari di fenomeni atmosferici, prodotti nei campi, aspetti di vita quotidiana o momenti sociali (sorgere e calare del sole, pioggia, semina, raccolti, cicli di vita vegetali (fioritura, maturazione, potatura, vendemmia) matrimoni, culto dei morti, glorificazioni, gratulazioni e dediche, nonché ricorrenze tradizionali. Nonché divinazione magia e superstizione in genere.  Col passare del tempo ognuno dei 12 mesi assunse sempre di più connotazioni e caratteri di <<umanità>> mentre che via via perdeva il carattere di (spiritualità) religiosità. Questo processo di <<umanizzazione>> del profilo della religiosità dei mesi romano – pagani, portò il popolo contadino a identificare i <<mesi>> con i prodotti dell’agricoltura con le varie  fasi di coltivazione e degli strumenti connessi e necessari al lavoro nei campi. Anche a Macerata Campania, su questo tipo di tessuto socio – culturale e demopsicologico, si innesta l’esigenza da parte delle masse (popolo contadino e artigiano) di dare un profilo scenico all’idea della rappresentatività del loro <<stile>> di vita. Si crearono dei personaggi, che, al di là dei costumi, diversi in epoche diverse, potessero dar luogo a delle rappresentazioni con “caratteri” fissi e reiterabili nel tempo. Ciò anche per soddisfare l’inconscia esigenza psicologica collettiva dell’attesa, dell’ansia, della partecipazione, dell’azione, corale ad un evento “scenico” che è di tutti e per tutti: ricorrente nel tempo e sempre lo stesso nella rappresentazione  della sua  teatralità. Con lo scorrere dei secoli la reiterazione fissa divenne ricorrenza , i costumi divennero <<scena>> e la teatralità  diventò folklore. Tra le diverse rappresentazioni della vita sociale, popolare e contadina, che acquisiscono il carattere specifico di <<allegoria folclorica>> spicca, a Macerata Campania, quella della <<Cavalcata dei Mesi>>, nata dall’esigenza di una <<personificazione>> allegorica dei periodi cronologici corrispondenti ai mesi dell’anno. Molto evidenti, alla letteratura dei testi delle filastrocche identificative dei <<mesi>>, il simbolico contenuto georgico del ciclo annuale, che in questa rappresentazione folcloristica inconsciamente si celebra. Lo spettacolo, offerto dalla <<Cavalcata dei Mesi>> nelle piazze di Macerata Campania e nei comuni viciniori, si svolge secondo un certo ritmo e una sequenza di cui sono protagonisti i <<12 Mesi>> e due personaggi secondari (non certo per esigua notorietà!): Capodanno/Capitano e Pulcinella. Meno quest’ultimo, che è sempre a piedi, tutti gli altri erano a cavallo (di pacifici ronzini o di asinelli ); fino al 1960. Dopo questa data la rappresentazione della <<Cavalcata dei 12 Mesi>> fu interrotta e i Maceratesi persero un importante tassello del panorama poliedrico del loro folclore. Ma, dopo un ventennio, la tradizione della rappresentazione folcloristica riprese per interessamento, disponibilità e impegno di alcuni maceratesi nell’anno 1980-81. Quella dell’annata 1980-81 fu l’ultima rappresentazione dei 12 mesi fatta con i cavalli. Da quella data si deve, quindi parlare, non più di <<Cavalcata dei 12 Mesi>>, ma di rappresentazione dei <<12 mesi>>, che si sposta a piedi nelle piazze e crocicchi di Macerata, sempre identica a se stessa: tradizionale e folcloristica. Giunta sul luogo della rappresentazione, la compagnia si dispone in circolo e lo spettacolo ha inizio con la presentazione e l’esibizione dei mesi.  Inizia il <<Capodanno/Capitano>> e, a seguire, i 12 mesi che “cantano” le filastrocche dei mesi sullo stesso ritmo (lento) e motivo. Diverse settimane prima della data, programmata anno per anno, il  responsabile del gruppo convoca gli interpreti dei <<12 Mesi>> per stabilire il calendario degli incontri preparatori durante i quali vengono individuati i responsabili dei vari settori attinenti la manifestazione: il settore burocratico – organizzativo, il settore dei costumi e testi, il settore della regia, il settore economico, ecc. Dopo aver calendarizzato le prove della manifestazione, gli attori ne iniziano il ciclo con grandissimo impegno, fino alla vigilia della rappresentazione durante la quale tutti sono presi dalla <<frenesia>> dell’ultimo minuto... ed è un rincorrersi, osservarsi, chiedersi: <<Va bene il costume?>>, <<Ho dato il tono giusto?>>, <<Hai cucito quel lembo?>>, <<Hai parlato con i vigili urbani?>> <<Alza di più il tono di voce domani!>>. Poi tutto tace. La tensione psicologica si allenta. Una <<salutare>> sensazione di spossatezza, prende tutti e i volti si rasserenano! I sorrisi prendono il posto del cruccio sui volti di attori e sostenitori. Tutto ciò è sentimento. Il sentimento del folklore maceratese.

Svolgimento della manifestazione  de “ I dodici mesi”

Tra le rappresentazioni popolari che negli ultimi giorni di Carnevale10  allietano i Maceratesi quello dei <<Mesi>> costituisce il classico spettacolo “ambulante". Oggi la mobilità della rappresentazione è riferita e riferibile alle varie ripetizioni dello spettacolo che la “compagnia” fa nelle principali piazze delle frazioni e dei rioni di Macerata Campania. In epoche più antiche, invece, la mobilità era riferita ai trasferimenti che la compagnia degli artisti (non locali) faceva per raggiungere le piazze dei vari paesi. Giunta sul luogo previsto e dopo la preparazione della scena che consisteva nel formare un circolo, dava inizio allo spettacolo.

[10] Carnevale – da “Carmen levare – Eliminare la carne

CAPITANO
“ Io songo il capitano della prima schiera e a casa mia si -------- e si scala; se chisti dudici mesi non si porteranno bene, cuntrastà li voglio cu chesta mia bella frusta. E mò pulcinè sai che-------------- vai da Gennaio e vid che te dice!

Dopo il preambolo introduttivo del <<Capitano>> (Capodanno!) è la volta dei Mesi, i quali, a turno, nel modo più plateale che sia poro possibile (in senso tradizionale e comico!), tra le approvazioni ed i commenti del pubblico che si assiepa dintorno, cantano a voce stesa la propria <<canzone>>: con timbro e tono diverso ma sempre con lo stesso motivo. Durante il canto essi tengono in mano una miniatura dell’attrezzo agricolo o strumento artigianale (prodotto agricolo o manufatto artigianale) che rappresentano i diversi tipi di lavoro caratteristici del “Mese”.

GENNAIO
Con cappello ornato di nastri o foulard e il corpo fasciato con scialle di seta, reca in mano..................................

CANTO:
“I’ so Gennaio e lu primme me’nzore.
Sto accustiune cu li pecorari e accaccie.........................
Cu li putatut.
Nu lle facce fa ‘na jurnata sana,
comme li voglia aunnà (?) sti jucatur
li voglio fa fenì e iastummà...............
lloro cu guste e ie cu lu disgust
ce pose (?) ll’acqua, lu viet
e chesta frusta!

Formula di passaggio: “ Mo me ne vaco cuntient e felice... jesce febbraie e vire che te rice?!

A questo punto, facendo un mezzo inchino alla folla plaudente alza la mano che regge lo strumento identificativo del mese di gennaio, (---------------) la rivolge verso il mese di febbraio e rientra nel cerchio dei Mesi.

Gennaio
Io sono Gennaio e per primo mi sposo.
Sono in rotta/contrasto con i pecorai
e <<accacce>> con i potatori.
Non gli consento neanche una giornata intera di lavoro: come li voglio “aunnà” questi giocatori. Voglio che continuino a bestemmiare... loro son contenti ed io per dispetto gli porto pioggia, vento e questa frusta.
Adesso me ne vado contento e felice, esce febbraio e vedi che ti dice.

FEBBRAIO
Con abito e copricapo parimenti ornato con nastrini e foulard e il corpo copero con scialli; nelle mani tiene una frusta sormontata da un mazzolino??(è vero?) di fiori eterni (semprevivi).

CANTO:
i’ so febbraie e lu mese cchiù curt...
che guerr facce int a vintott juorne?
A li putaturi ce meng la frusta....
Nu ll’e facce fa...............
E si stu mese mio fosse just,
faccesse quaglià lu vine pe dint e fuste!

Formula di passaggio:” mo me ne vaco cuntient e felic
E jesce Marz e vire che te rice”!

Rientra nel cerchio dei Mesi con la stessa gestualità scenica di Gennaio.

FEBBRAIO
Io son febbraio il mese più corto......
Che guerra posso fare in ventotto
Giorni ?
Ai potatori do colpi di frusta e non gli faccio fare e se questo mio mese fosse giusto, farei congelare il vino nei fusti.

Adesso me ne vado contento e felice e poi viene Marzo.... e vedi che ti dice!

MARZO
Vestito con abiti scuri, sporchi, sgualciti che vogliono indicare l’abito di un pastore (una volta indossava un giacchetto di pelle di pecora); ha in mano un pezzo di pane (na volta era di farina di grano turco), alcuni porri e una zappella (e l’ombrello???)

CANTO:
I’ so marz cu sta mia zappoll, me mangie pane e puorr e fatiche pure riune me pare mill’ anne (chissu) che stu mese aspette (??!) pe ghiettà cazette e cauzune nun ve ne facite e chesta mia.......................................
Ce tengo la.............. della.............. ora te facce ricc e ora povere, ora te facce asciutte e ora m’buso”
Rivolto al pubblico: signore e signiurine quanne jate a Messa ‘a matina nun ve scurdate stu m’brelline o si no ve facce azzeccà cazette, cazettine e suttanine pe dint e rine! Aprile mia sorella prestame nat’i quatte jurnatelle
Pe fa nata ammazzato ‘e sti quatti pecurelle e pure quacche pucuraro.

Formula di passaggio: “mo me ne vaco cuntient e felic e jesce aprile, mia sorella, e verite che ve dice.”

Esce di scena come gli altri mesi.

MARZO
Io son marzo con la mia zappetta mangio pane e porri e a volte lavoro anche digiuno. Non vedo l’ora (che venga) il mese che aspetta (Aprile?) per buttar via calzette e calzoni. Non badate a.......... di questa mia.......... ci tengo la............ Ora ti rendo ricco e ora povero; ora ti rendo asciutto11 e ora bagnato12
Rivolto al pubblico “ signore e signorine quando andate a messa la mattina non dimenticato l’ombrellino, altrimenti vi faccio incollare calze, calzettine  sottanine.......... e pure la mutandina........ fin su i reni.” Aprile, sorella mia, prestami altri quattro giorni perchè io possa ammazzare altre quattro pecorelle e anche qualche pecoraio. Adesso me ne vado contento e felice ed esce aprile, mia sorella, e vedete che vi dice!

[11] Faccio bel tempo
[12] Faccio piovere

APRILE
Con cappello ed abito lungo bianchi (da sposa) e un mazzolino di rosette (pure bianchi) e vaporosi ricci di tulle.

CANTO:
”I’ so aprile e cu sta mia rosetta vesto la terra e ll’alberi ru munno (??) u’ mierich ci da la mericina pe guaragnà........... e ducatune.
N’ciel c’ho nu bell u’ giardinett addò vanne a spass tutti sti signuri. E (di ) rose me ne facce nu mazzett: lo dono a Maggio ch’è più giovinetto.

Formula di passaggio:” mo me ne vaco cuntient e felic e jesce maggio e vire che te rice!

Rientra come gli altri mesi.

APRILE
... vesto la terra e gli alberi del mondo. Il medico ci da la medicina per guadagnare e ducatini. In cielo ho un bel giardinetto dove vanno a spasso tutti questi signori. Di rose faccio un mazzetto e lo dono a maggio che è più giovinetto!

Adesso me ne vado contenta e felice ed esce maggio e vedi che ti dice!

MAGGIO
Con cappello bianco, ornato di fiori freschi ed abito chiaro estivo, e con bracciali ed anelli.

CANTO:
“ e  ie so maggio il più maggior di tutti; faccio fiorire tutti gli alimenti e metto in fiore gli alberi da frutti(?), anche la gioventù sta allegramente; e poi vi lascio un dono ogni paese13. Alzati Giugno e paga tutte le spese!

Formula di passaggio: “mo me ne vaco cuntient e felic e gghiesce giugno e vire che te rice.”

Rientra come gli altri mesi.

MAGGIO
Io son maggio il più grande di tutti (i mesi?). faccio fiorire tutti gli elementi (della natura) e metto in fiore gli alberi da frutta. Anche la gioventù sta allegramente. E vi lascio un dono ad ogni paese. Alzati, giugno, e paga tutte le spese!
Adesso me ne vado contento e felice ed esce giugno e vedi che ti dice!

[13]  A questo punto lancia delle manciate di confetti verso i gruppi di giovani che accettano il gesto come rito propiziatorio per un felice e tempestivo sposalizio e si lanciano a raccoglierne almeno uno.

GIUGNO
Veste da mietitore con cappello fasciato e infiorato.

Porta la falce messoria (sarrecchia) un cucchiaio di legno (cucchiara), una pentola di argilla (pignat) verdura (menesta).

CANTO:
” i’ so giugn e cu sta mia sarrecchia che metr14  facce quann sto n’chichierchie; cu trentasei carraf e na varrecchia laurann la pignat ch’è superchia e la cucchiar pe dint..................
Si appriess venessre cacche vecchia15  a vogli secutà cu sta mia sarrecchia: ma che ne può spera a chesta vecchia ch’è diventat na vrang ‘e pellecchie; ma si appriesse venesse  cacche gioinetta....... nu mazz e garuofn a manicotto.”

Formula di passaggio:” mo me ne vaco cuntient e felic e jesce luglio e sient’ le che dice”

Rientra come gli altri mesi.

GIUGNO
Io sono giugno e con questa falce messoria  che mietere faccio quando in sto in <<chichierchia>>  16 con trenta caraffe e un barilotto....... controlliamo la pignatta ch’è piena e il cucchiaio di legno dentro...... ma se poi arrivasse qualche vecchia la scaccerei via con questa falce messoria: una cosa si può sperare da questa vecchia ch’è diventata una manciata di “pellecchie”; 17 mentre, invece, se arrivasse una giovinetta, le darei un mazzo di garofani a “manicotto” (?)
Formula di passaggio: adesso me ne vado contento e felice, esce luglio e sentilo che dice.

[14] Mietere - mietitura
[15]  Indica qualche persona anziana, ma allude alla Quaresima
[16]  Che buon raccolta faccia quando la pianta di cicerchie (lenticchie) è rigogliosa.
[17]  Brandelli di pelle moscia e cascante (raggrinzita).

LUGLIO
In maniche di camicia e scialli avvolgenti il corpo. Cappello riccamente ornato di fiori e frutti (a dimostrare forse l’abbondanza dell’estate) reca in mano un carrettino sgangherato e dentro alcune spighe di grano.

CANTO:
“E i so luglio e cu stu carr rutt.............. me ne vaglie lu mannese; sti gregno so de pise e de........
Frutt ce so............ dint a na.............
Tocca massar’ mo che u tiemp è asciutt, si chiov perdimme tutt le spese; na vote ce u mett miez, na vot a tutte, cantanno me ne vac a lu carrese”18

Formula di passaggio: “mo me ne vac cuntient e felic e jesce agosto e sient’ le che dice”

Rientra come gli altri mesi.

LUGLIO
E io sono luglio e con questo carro19  rotto.,................ me ne.......................
Queste sono pesanti e........................... frutti ve ne sono.............. in una............  .
Dai, massaro, ora che il tempo e bello, se piove ci perdiamo tutte le spese.mUna volta ce ne metto metà, una volta tutto me ne vado cantando la canzone del carrettiere.
Adesso me ne vado contento e felice ed esce agosto e sentitelo che dice!

[18] Il canto tradizionale del carreggiatore (‘u carrettiero)
[19] Mostra il plaustro (plaustrum)

AGOSTO
Corpulento, in abito nero, con gilet e tuba anch’essi neri. In candida camicia bianca e “papillon” nero reca in mano un bastone nero (un maglio o randello?) e una gallina ,  porta occhiali da vista.

CANTO:
“e i so aust e cu l’infermeria u mierec m’à urdenat na suppost; u cuorp ci ‘a chiave (?) sta suppost ma si me sett ‘o ott valline cotte stesse megl’ ie che nu mierec adotto; si me mangiasse na diecin e pullastrielle staria megl’ie che u mierec e’ puppenielle.
Strofa di intermezzo (varia): “ signor giudice e signor presidente vu ggiur davanti è paramenti che si cca non esce u’ recipiente va dda ffrrà nu murrone20  e sbiliment.”

Formula di passaggio: “mo me ne vac cuntient e felic; jesce settemre e vir che te rice.”

Rientra come gli altri mesi

AGOSTO
Io sono agosto e nell’infermeria il medico mi ha ordinato una supposta......... nel c........ gliela do questa supposta. ma se mi mettessi21  ad otto galline cotte, starei meglio io che un dottore dotto; se mangiassi una diecina di pollastrelli, starei meglio io che il medico di “Puppeniello”.
Intermezzo: “signor giudice e signor presidente, ve lo giuro davanti ai “paramenti” che se, qui, non esce il recipiente (con la gallina?) che vi possano prendere una miriade di svenimenti.”
Adesso me ne vado contento e felice. Poi esce settembre e vedi che ti dice.

[20] Da “morra” (gregge) quindi un grosso svenimento grosso quanto un grande greggio di pecore
[21]Se Mangiassi otto galline cotte.

SETTEMBRE
In maniche di camicia bianca, con cappello ornato di foulard e il corpo fasciato con scialli di seta, reca in mano un cesto di frutta.

CANTO:
“ ie so settembre e cu sta fica moscia22 e ll’uva muscarella se fenisce ! si quacche donna tene la paposcia23 vene a ddo me ch’ie ce l’ammoscio. Quann sentite e’ cantà li................. i ffiche mie vanno quatte a rucate.24

Formula di passaggio: “mo me ne vac cuntient e felic. Esce ottobre e sient che t ric.”

Rientra come gli altri mesi

SETTEMBRE
Io sono settembre e, insieme ai fichi maturi, anche l’uva moscatella finisce. Se quache donna ha un gonfiore (l’ernia!), può venire da me che gliela sgonfio! Quando sentite cantare i fichi miei vanno “quatto a ducato”.
Adesso me ne vado contento e felice. Esce ottobre e sentilo che dice.

[22] Moscia: dal greco mòschos (mole – tenero)
[23] Paposcia: dal greco epòpsios (gonfiore accentuato, ernia)
[24] Costano quattro a ducato

OTTOBRE
Porta un barilotto legato alla cintola, veste con cappello ornato di foulard e scialle intorno al corpo. In mano una scala con nastrini.

CANTO:
“ e i so uttobre cu sta mia scaletta, lu frutticiell (?) mie è u chiu suprante; lu ciegliariell mie è chin e tutt: facce parlà tedesce e ttalian. E mo me facce na veppeta n’cannata (ncannola) (?) e a facc e chillu mierc ‘e scittone.”

Formula di passaggio: “mo me ne vac cuntient e felic.
Esce novembre e vir che t ric.

Rientra come gli altri mesi.

OTTOBRE
Io sono ottobre con la mia scaletta. I frutti miei  sono i migliori (superanti= che superano). Il “cegliariello” mio è tutto pieno faccio parlare Tedeschi e Italiani. E ora mi faccio una bevuta in cannella alla faccia di quel medico  jettatore (e’ scittone).
Adesso me ne vado contento e felice. Esce novembre e vedi che ti dice.

NOVEMBRE
Veste come gli altri mesi e reca in mano un piccolo aratro (bissellino?).

CANTO:
“e i so nuembre e cu l’assurcartura, lustrire me la voglio ‘sta jummente. I vac in cerca e’ nu lavuratore: nu ninno che me tocche sta jumment. Priamme a Dio ch’avimm bona staggion, vulimme seminà allegramente. Na vranga a meng pe Dio e n’ata pe gli uccelli e molte ancora  pe sti nenne belle. Una p’i ribbet e n’ate pe padrun e si soprene i scaglie c’è mangiamme nuie.

Formula di passaggio: “ mo me ne vac cuntient e felic.
Esce dicembre e sient’ le che dice.

Rientra come gli altri mesi.

NOVEMBRE
Io sono novembre e per l’aratura lustrare me la voglio la giumenta. Io vado in cerca di un lavoratore: un ragazzo che mi guidi la giumenta. Pregando Dio d’avere una buona stagione (estate?) vogliamo seminare senza cattivi pensieri. Una manciata (di semi) la lancio per Dio e un’altra per gli uccelli e tante ancora per queste ragazze belle. Una, ancora, per i debiti e una per i padroni........... e se restano, le scaglie le mangiamo noi!
Adesso me ne vado contento e felice. Esce dicembre e sentilo che dice.

DICEMBRE
Veste come tutti gli altri mesi: corpo fasciato con scialli e cappello ornato di foulard e nastrini. Reca in mano...........

CANTO:
“i so dicembre o l’urdemo di tutti: a sculatur e tutt stati mesi. Me facce nu pignat re gran frutte (minestra verdure?) e a carne e stu puorc c’agg accis; po me ne vac addurann pe sti botti  se c’è............ pe chist’auti mis.
Na vutticella e’ ventrische (tardisco??) 25; na bella nena cun liett fisch.

Formula di passaggio: “mo che facc na vita felice, esce u Capitano(Capodanno) e salutm chisti amici!

Rientra come gli altri mesi.

DICEMBRE
Io sono dicembre, l’ultimo di tutti: la scolatura (residuo) di tutti questi altri mesi. Mi preparo una pignatta di gran............ di questo maiale che ho ucciso; poi me ne vado annusando queste botti se c’è vino per quest’altri mesi. Una botticella di “tardisco”, una bella donna con un letto fresco.
Ora che faccio una vita felice, esce il Capitano (Capodanno) e saluta questi amici.

[25]  Tardisco vino ricavato da uve tardive o da racimoli

IL CAPITANO – CAPODANNO
Esce dal cerchio dei mesi, si pone al centro e recita.

CANTO: “carissimi signuri che dono possa farvi a tutti quanti ù ciel è grand e à terr cunsum chist’ann ce sarà rrobba abbundant . . . ric che chi s spos fa a vita felice . . . nun’ è overo ! A vita felic s fa sul p nove mise , specialmente si truove nà mugliera leccaressa e sfaticata e nù povero marit cu i scarp attacate cù ffierr filat
.............................................
Cari signori nuie non ghiamm nè pà panza , nè pù sottopanz , nè pù milion e nemmeno pù buttiglion . . . ma iamm sul pè ll’ onore .
Arrivederci e buon divertimento .

Di seguito riportiamo alcune immagini , riferite alla “cavalcata dei dodici Mesi” , gentilmente forniteci dai fratelli Sbarra , Antonio Piccerillo , Giovanni Manniello ed Alberto Della Gatta, il quale, da noi richiesto, per la sua notoria disponibilità , specie se in relazione a problemi culturali e di folklore, ci ha rimesso una nota esplicativa sulle attività del Gruppo Folk Casalba. Alla stessa nota esplicativa ha allegato alcune immagini che riprendono scene anche della “Zeza” e del “Laccio dell’amore”.

12 mesi
Foto di gruppo: i dodici mesi, il capitano, i pulcinella, sono....appiedati

I DODICI MESI 1981

DESCRIZIONE (da sinistra)
Gennaio (D’Addio Giuseppe), Febbraio (Piccirilli Francesco), Marzo (Viscuso Marco), Aprile (Acurzio Franco), Maggio (Palmiero Giuseppe), Giugno (Gaudiano Francesco), Luglio (Sbarra Michele), Agosto (Nacca Alessandro), Settembre (Sbarra Antonio), Ottobre (Trinchese Paolo), Novembre (Sbarra Gerardo), Dicembre (D’Addio Andrea), Capitano (Peppe e "Piscinchillo").

Serie fotografica26 riferita a Macerata e all’anno 1981, ultimo anno della “Cavalcata dei 12 Mesi”.
[26] Per gentile concessione dei sigg. Sbarra e Piccirillo

12 mesi

 

12 mesi
Mese di Novembre

 

12 mesi
Mesi di (da sinstra) Maggio , Novembre e Ottobre

 

12 mesi
Edizione 96/97

 

GRUPPO FOLK CASALBA
Il Gruppo Folk Casalba nasce a seguito di antiche e poi riscoperte tradizioni carnevalesche. Tutto inizia intorno agli anni 60, quando il sig. Luigi Ventriglia di Casalba, insieme a dei suoi amici, nel periodo di carnevale decisero di girare per il paese, esibendosi nel canto della Zeza. Dopo anni di assenza dalla scena di questa rappresentazione, il sig. Alberto Della Gatta, genero del sopraccitato Luigi Ventriglia, verso la fine degli anni 80, riportava alla luce la tradizione carnevalesca riproponendo insieme ad amici Casalbesi, non solo il canto della Zeza, ma aggiungendo il divertente intreccio del Laccio d’amore. Tali rappresentazioni venivano svolte in un clima di amicizia e di puro divertimento, nei cortili di famiglie di Casalba, di Portico, di Macerata, che ne richiedevano appunto l’esibizione offrendo alla fine della stessa, dolci, sfizi locali, ecc..., accompagnati come da tradizione da ottimo vino fatto in casa. Nel corso degli anni il Gruppo Folk Casalba arruola tra le sue file molti giovani vogliosi di conoscere le tradizioni carnevalesche, quindi con grandi sacrifici questi, guidati dagli anziani del gruppo, riescono ad imparare le difficilissime rappresentazioni, divenendo ben presto veri protagonisti. Nell’ottica di migliorare e di arricchire quanto più possibile l’evento carnevalesco, e visto l’elevato numero di  partecipanti, si introduce nella scaletta del gruppo anche il canto dei 12 mesi e la sempre bella e storica tarantella napoletana in costumi d’epoca. Questo gruppo divenuto ormai fiore all’occhiello per il divertimento carnevalesco, già dall’anno 2000 si esibisce non più nei classici cortili, ma nelle sempre più numerose piazze di comuni limitrofi. Con l’intento di trasmettere queste antiche e scherzose tradizioni il Gruppo Folk Casalba rende partecipi anche i più piccini che si esibiscono in  balli contemporanei, dando inizio agli spettacoli del gruppo. Questa iniziativa ha fatto si che nell’anno 2005 si istituisse un protocollo di intesa tra il Gruppo Folk Casalba ed il Circolo Didattico di Macerata Campania realizzando il progetto “Tradizione che continua”, permettendo a molti bambini  delle scuole elementari, dopo diverse e faticose prove, di esibirsi nel canto dei 12 mesi e nel difficilissimo intreccio del Laccio dell’amore, riscuotendo grande successo nelle piazze di Macerata. Concludendo si può certo dire che il Gruppo Folk Casalba ha fatto rivivere alcune delle tante tradizioni Maceratesi e che certamente si impegnerà a trasmetterle alle future generazione. Oltre a trasmettere le tradizioni carnevalesche il gruppo ha ritenuto opportuno non tralasciare gli aspetti sociali e culturali del nostro paese. Pertanto nell’anno 2004 diviene associazione “no – profit” affiliandosi ad un ente nazionale di promozione sportiva, culturale e sociale quale la Libertas. A testimonianza di ciò sono da riportare le numerose iniziative, come il seguitissimo torneo di Beach Volley, tombolate, spettacoli di cabaret, sagra dell’abbuffata, organizzate tutte dall’attivissimo e fantasioso staff del gruppo che certamente saprà essere presente con nuove e gioiose manifestazioni.

1) Carro preparato per il trasporto dei danzatori

12 mesi


2) il decano dei presentatori delle manifestazioni folkloristiche del Gruppo Folk Casalba: Luigi Ventriglia.

12 mesi

 

I DODICI MESI
CASALBA 12 MESI 2004-05

12 mesi

VOLANTE (Alberto DELLA GATTA), CAPITANO (Franco DI MAURO), GENNAIO (Luigi DELLA GATTA), FEBBRAIO (Giuseppe TROTTA), MARZO (Marco VISCOSI), APRILE (Agostino BARRIELLI), MAGGIO (Luigi BUONFIGLIO), GIUGNO (Francesco GAUDIANO), LUGLIO (Andrea OLIVA), AGOSTO (Antonio TROTTA), SETTEMBRE (Giuseppe DELLA GATTA) OTTOBRE (Angelo    TROTTA), NOVEMBRE (Luigi    VENTRIGLIA), DICEMBRE (Giovanni DELLA GATTA).

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I DODICI MESI DI CASALBA – EDIZIONE 2004

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Bibliografia per i dodici mesi

De Agostini   
Enciclopedia Universale

Borrelli Nicola
a)Tradizioni Aurunche
b)Saggio di etnografia popolare di Terra di Lavoro – 1924

Ferruccio
Dizionario della lingua Latina- ed- Normale – 1967

Badellino Oreste
Dizionario Italiano – Latino Ed. Normale – 1967 -

Borrelli Nicola
Ricerche Eziologiche intorno ad alcuni riti carnevaleschi e quaresimali della Campania – 1934

Borrelli Nicola
Le nostre danze popolari
Scaicca G.M.
Il Fanciullo e il folclore

Pezone F.
Campania: Storia-Arte-Folclore