Don Biagio “Biasone” Iodice, Luigi Taglialatela e la Basilica dei Salesiani in Caserta Stampa E-mail

(Articolo pubblicato su: "La voce di Nuovi Orizzonti", Anno II Numero 9 Luglio 2008, pagg. 4-5; "Gazzetta di Caserta", 13 Settembre 2008)

Nel terzo e quarto decennio del secolo XX si sviluppa la produzione artistica di questo artista eclettico ma conservatore dei canoni e moduli stilistici, recepiti da una tradizione accademica di una corrente tardo-romantica, percepibile e visibile anche nelle opere a lui attribuite, presenti nella chiesa abbaziale di Macerata Campania (terzo decennio).
Qui non fu possibile, come per tutte le altre zone in cui è intervenuto, estendere la committenza per la sua opera anche alla sfera privata, per quale il suo estro artistico, libero dai canoni ecclesiastici, poteva esprimersi con forme e contenuti meno inibitori. Non si comprendono i motivi per i quali nessun maggiorente maceratese abbia potuto, o voluto, valersi delle capacità artistiche di questo giuglianese, così attivo e proficuo in tutta l’Italia Meridionale, per decorare, arredare o affrescare la propria dimora. A Macerata Campania la sua opera fu richiesta solo dalla committenza ecclesiastica, come vedremo.
In quei due decenni hanno retto le sorti e il decoro del complesso abbaziale maceratese don Angelo Palmieri (1920-21), don Biagio Iodice (1921-1936) e don Francesco Gravina (1936-38).

L. Taglialatela - Le Nozze di Cana, Macerata Campania
L. Taglialatela - Le Nozze di Cana
Chiesa di San Martino Vescovo
(Abside - parete sinistra)
Macerata Campania, 1926

Più che agli altri due curati, si deve all’opera decisa e coinvolgente di don Biagio Iodice, il famoso “Biasone” (così detto per la sua imponenza fisica e per l’intonazione della sua voce, come ci ricorda chi lo ha conosciuto), se noi Maceratesi possiamo vantarci di avere opere d’arte firmate Taglialatela. A questo arcigno prete, preciso e deciso, che scrisse di competenza una «Platea» dalla quale si desume lo stato di abbandono e di degrado in cui versava la struttura dell’intero complesso abbaziale, allora costituito (nel 1921) ancora e soltanto dalla struttura muraria voluta dal can. Francesco Isa (1608), dobbiamo l’opera di ampliamento e di restauro che portò la nostra chiesa all’odierna conformazione strutturale, vuoi per l’eccessivo degrado strutturale e degli interni o forse per la insufficiente ricettività, dovuta all’aumento della popolazione dei fedeli o forse (più probabilmente) per l’imminenza dell’Anno Santo indetto nel 1925 da Papa Pio XI, con la Bolla «INFINITA DEI MISERICORDIA» scritta il 29 maggio 1924, don Biagio Iodice fu autorizzato dalle autorità ecclesiastiche ad attivarsi perché la sua chiesa venisse ampliata e, contestualmente, venisse restaurata la struttura già esistente (quella del D’Isa).
Completate le opere murarie fu certamente lui a dare le indicazioni utili alla trasposizione in immagini dei due più importanti apostoli SS. Pietro e Paolo, nel punto di raccordo delle due strutture che formano l’attuale chiesa (l’uno a sinistra e l’altro a destra).
Come certamente da sue indicazioni si concretizzò l’idea di “coprire” gli spazi tra le finestre (nella parte alta della navata centrale) con angeli portanti i simboli della Vergine o gli angeli trombettieri nella controfacciata ai lati dell’organo (?).
Frutto della sua volontà sono stati anche gli affreschi nei pennacchi dell’arco trionfale che ritraggono gli Evangelisti S. Marco e S. Luca e, nella parete di fondo dell’abside, gli altri due evangelisti Giacomo e Giovanni (fratelli la cui madre S. Solome, parve si sia fermata a Verdi (Frosinone) ove sono conservare le sue reliquie).
Non si può, infine, non attribuire alla volontà del parroco Biagio “Biasone” Iodice la rappresentazione del Miracolo di S. Biagio nel grande affresco (tempera su intonaco) del soffitto a cassettoni, in stucco e gesso, della navata centrale. Facilmente intuibili sono i motivi della decisione di far affrescare il soffitto della navata centrale con la rappresentazione del miracolo del bambino, fatto da S. Biagio 1 , che lui venerava perché ne portava il nome.
Non si meravigli il lettore della presentazione, come quasi certezze, di alcune ipotesi pur non avendo il riscontro diretto e obbiettivo alle affermazioni fatte. In questo siamo suffragati dalle considerazioni, fatte sul Taglialatela, dalla Dott.ssa Anna Maria Romano, già docente alla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali della S.U.N. in S. Maria C.V. e attuale dirigente in Roma, che così lo presenta in un suo contributo (Città di Caserta – Vol. I, pag. 111-125, colloc. F. 21.146): «egli inizia un rapporto con la città di Caserta sin dal 1908-1910, che diventa “fecondissimo” tra il 1923 e il 1925,…» «Pittore eclettico» lo definirà Don Nannola a proposito delle scene dipinte per la chiesa dei Salesiani «… Egli studiava lungamente 2 i soggetti da dipingere e poi ne portava (più volte), per il commento, i bozzetti al direttore dell’Istituto e al Rettore della Chiesa» e aggiungerà, nel suo contributo di commento alla personalità artistica del Taglialatela, fatto a conferma dell’estrema disponibilità dell’artista nei confronti della committenza, specie religiosa, «…. che al Rettore è dovuto l’intero progetto delle decorazioni!».
Questo modus operandi verso la committenza, che ha rappresentato una peculiarità dell’atteggiamento professionale di L. Taglialatela non poteva, perciò venire meno quando gli venne commissionata l’esecuzione della decorazione della chiesa di S. Martino dal parroco Don Biagio Iodice, detto Biasone. I frutti dell’eccezionale rapporto di collaborazione lavorativo – professionale tra il Taglialatela, sempre tendente a seguire il suo estro pittorico, e Don “Biasone”, sempre vigile a che venissero rispettati i canoni espressivi ecclesiastici, vincolanti anche per un artista geniale come il Taglialatela, si possono osservare negli affreschi della Chiesa abbaziale di Macerata Campania.
La gran parte degli affreschi di Macerata sono stati ascritti, o dichiarati ascrivibili al Taglialatela dai redattori delle schede storico – critiche della Sovrintendenza per i Beni A.A.A.S. di Caserta e, tra quelli dell’abside della nostra chiesa abbaziale come la Gloria di S. Martino (nella volta a botte), la Pentecoste (alla parete destra), le Nozze di Cana alla parete sinistra.
E qui veniamo al motivo di questa riflessione, sulla chiesa abbaziale di Macerata Campania, la Basilica Salesiana di Caserta, Luigi Taglialatela e le sue NOZZE DI CANA.

L. Taglialatela - Le Nozze di Cana, Caserta
L. Taglialatela - Le Nozze di Cana
Basilica dei Salesiani
Caserta, 1946

In occasione della celebrazione della ricorrenza dell’anniversario della morte del nostro compianto presidente della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, Prof. Aniello Gentile, dopo aver ascoltato, assorto, il discorso commemorativo dell’attuale presidente, Avv. Alberto Zaga D’Aulisio, il mio sguardo si fermò sull’affresco dell’abside, quello sopra il timpano, che rappresenta le Nozze di Cana, datate 1946.
Grandissima fu la mia sorpresa. Mi sembrò di osservare le nozze di Cana affrescate sulla parete sinistra dell’abside della chiesa di S. Martino Vescovo in Macerata Campania. Stessa prospettiva, stesso colonnato, stessi dettagli di decoro, stesse posizioni plastiche dei soggetti, stessa sensazione di movimento nelle figure dei servi ai quali Gesù comanda di portare il vino. Poche le differenze: la sposa è alla destra dello sposo nell’affresco di Caserta, mentre in quello di Macerata è alla destra del Gesù; il vecchio canuto dell’affresco maceratese è sostituito con una figura di un convitato con il capo coperto e con barba nera; manca, infine, nelle “Nozze” di Caserta, il terzo servo, che, nell’affresco della abside della chiesa abbaziale di Macerata, è posto nella parte centrale bassa, in primo piano.
Nel complesso, però, sembra che, rispetto all’affresco di Caserta, le “Nozze di Cana” di Macerata appaia più ricco di personaggi, più vivo, più completo nel decoro, più emozionante, più coinvolgente.
Considerando, poi, che l’affresco delle “Nozze di Cana” della Chiesa di S. Martino, commissionato al Taglialatela dall’allora parroco Don Biagio Iodice, è datato 1926, come riportato dalla relativa scheda storico critica della Sovrintendenza ai beni A.A.A.S. di Caserta e l’affresco delle Nozze di Cana sulla parete di fondo dell’abisde della Basilica salesiana di Caserta è stato eseguito nel 1925, si può ipotizzare che le due opere siano coeve. Infatti, la datazione 1926 per Macerata è da intendesi come data della consacrazione della chiesa, che non poteva avvenire senza che le opere tutte fossero già ultimate.
Dunque, l’affresco delle Nozze di Cana della chiesa abbaziale di Macerata può essere datato 1925, come quello di Caserta.
Ma, tutto ciò premesso, noi rimaniamo convinti della maggiore preziosità artistica dell’affresco maceratese e auspichiamo che l’attenzione competente di qualche critico d’arte ci possa suffragare in questa, nostra ipotesi oppure ritenerla priva di valore.
Noi ci riterremmo soddisfatti perché in entrambi casi avremmo contribuito a far luce!

Pasquale Capuano

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1 - S. Biagio di Sefaste, santo martire, vescovo di Sefaste in Armenia, con la benedizione ed il segno della croce miracolò un bambino sul punto di morire perché gli si era conficcata in gola una lisca di pesce. Per tale motivo viene raffigurato, tra le tante iconografie a lui relative, con i ceri incrociati nella mano sinistra.
2 - Evidentemente si tratta dei bozzetti predisposti dopo aver recepito le indicazioni sui soggetti da affrescare e la relativa lezione che si voleva che i dipinti dessero.

 
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